lunedì 30 gennaio 2012

APPLAUSO AFFETTUOSO A VIVIANE





Rose, esiste un fiore che più stimoli la dedizione umana e più, per colori e profumi, interpreti la propria epoca? Da sempre è così, basta scorrere alla voce “rosa” il magnifico Florario di Alfredo Cattabiani (Mondadori, Milano, 1996) per scoprire dentro le rose il sangue la passione la purezza il canto degli uccelli. Dal vivo, poi, i migliori vivai italiani sono letteralmente paradisi in cui perdersi, Barni di Pistoia, Pozzo di Cavaglià, Rose Rifiorentissime di Ciliverghe, Susigarden di Aiello, Vivaverde di Imola, Le rose di Piedimonte di Rieti, laboratori dove la creatività sembra non conoscere confini…
Come non tenere un vaso di rose sul davanzale? Come non ingentilire di rose un orto?
In Liguria, Viviane Crosa di Vergagni è una garbata signora francese che vive a Savignone, borgo rurale che fu dei Fieschi, dove nella propria tenuta coltiva con amore profumatissime rose secondo il metodo biologico e ne ricava anche sciroppo (per biologico intendo petali, acqua, succo di limone, zucchero di canna, ottenendo una densità di circa gradi 31 in scala Baumé). La minuscola azienda, che perpetua un’antica tradizione locale, produce anche gelatine, confetture, e qualche altra prelibatezza a base di sambuco, di viole…
La Valle Scrivia celebra le proprie rose a giugno, stagione del Corpus Domini (in passato era per Santa Rosa, il 23 agosto), ma anche la Valle Sturla e l’area di Pogli (Ortovero-SV) possiedono varietà interessanti. Il Belgrano, l’etnografo ottocentesco dei genovesi, risale addirittura a documenti del ‘300, e le rose s’incontrano anche nel ricettario di Giobatta Ratto, ricetta 513.
Generalmente si tratta di centifolia, nelle varietà cristata (chapeaux de Napoleon) e muscosa, che forse derivano dalla gallica (si confrontino le ipotesi di Hayek e Beales), e hanno petali perfetti * . Ottimamente anche la bella crimson glory, nella foto.
Dalle rose si ricava anche la crema di rose, per quest’ultima è bello “seguire” le esperienze di Libereso Guglielmi, che fu il giardiniere di Italo Calvino, nel cuore d’una riviera ponentina che profumava di colori, se sempre di più gli agrumi facevan posto ai fiori.
Viviane è periodicamente mia allieva, al termine dell’ultimo corso (sul cioccolato) ho ricevuto in dono alcune delle sue produzioni “arci-di-nicchia”. In generale i suoi prodotti, puliti e delicati, regalano note “talcate” di lampone, di risveglio primaverile, lo sciroppo poi ha proprietà benefiche, dissetante e tonico fa anche da sedativo nell’infiammazione delle vie aeree, dunque prezioso d'inverno.
Caro lettore, prima gustali da soli, poi pròvali pure con le ricottine fresche, nei muffin, sul mahallabi… E vedrai che mi sarai riconoscente, anzi sarai riconoscente a Viviane.
* ma per le conserve si ricorre meglio ai frutti della selvatica rosa canina, ricchi di vitamina C


Umberto Curti, Ligucibario & Liguvinario

lunedì 23 gennaio 2012

L’aglio di Vessalico - Una favola di Lorenza Russo



Ho ricevuto pochi giorni fa via mail questa favola a tema alimentare (ma l'autrice ne ha scritte anche altre), l'ho trovata un'idea graziosa e quindi, amico lettore, buon "assaggio"!

Umberto Curti



In paese, lassù a Pieve di Teco, era nota per i suoi splendidi capelli biondi, luminosi come la seta e “lunghi come il torrente Arroscia”, almeno così dicevano tutti, anche se, ovviamente, non era vero. Alia, questo il nome della bambina, era nata in una famiglia di artigiani: il padre era calzolaio, la madre faceva la sarta e ricamava con grande maestria centrini e corsetti. Poche cose divertivano Alia come lo stare affacciata alla finestra – saliva su uno sgabello perché altrimenti non ci arrivava – a guardare il passaggio giù in strada. Si puntellava con i gomiti e con il mento si appoggiava sui pugni, lasciando cadere i capelli sparsi sul davanzale, in modo che i passanti li potessero vedere. I suoi genitori, che nella buona stagione stavano a lavorare sotto i portici, ogni tanto le lanciavano uno sguardo o le facevano un sorriso, che lei subito ricambiava. Da tempo non insistevano più perché andasse a giocare con gli altri bambini lungo il fiume: una volta, per dimostrare “a quegli invidiosi” che non ci credevano che i suoi capelli erano davvero lunghi quanto l’Arroscia, ci si era buttata dentro – per fortuna era estate – e la corrente se la sarebbe portata nel mare della Gallinara se poco a valle un pescatore di gamberi non avesse gettato una rete nella quale la bambina era rimasta impigliata. La madre per castigo l’aveva costretta a tenere i capelli raccolti in una treccia per un mese – un’umiliazione che aveva impedito ad Alia di farsi vedere alla finestra per tutto quel tempo –, il padre l’aveva punita in maniera altrettanto esemplare impedendole di accompagnarlo alla fiera annuale del bestiame di Vessalico, dove lui comprava il cuoio migliore per il suo lavoro. Poi il mese d’inferno era passato, ma per quell’anno la povera Alia aveva perso l’appuntamento che aspettava trepidante: quella fiera era piena di cianfrusaglie, di colori, di profumi e di gente. Non si vendevano solo animali o pellami, ma anche oggetti di ogni tipo, la mercanzia più varia e disparata, e poi i prodotti della terra. L’anno successivo non se la sarebbe fatta sfuggire per nessun motivo al mondo quindi, per non rischiare, rigò dritto giorno dopo giorno. A volte aiutava suo nonno, che lavorava al mulino vicino al ponte, altre volte stava sotto i portici con i suoi genitori e spazzava sotto i tavoli, accumulando in un angolo i ritagli di cuoio, i pezzi di filo da ricamo: il resto del tempo lo passava alla finestra, ma solo se aveva già fatto tutto il resto. Arrivarono così l’inizio di luglio e la fiera di Vessalico. Alia si pettinò per più di un’ora, scelse un vestito di mussola bianca con il grembiule e la pettorina verde e salì emozionata sul carretto di suo padre: la madre le affidò anche la commissione di comprare dell’aglio – quello di Vessalico era il migliore di tutta la Valle Arroscia – e le diede dei denari con cui si sarebbe anche potuta comprare un sacchetto di frittelle dolci. Arrivati a Vessalico il padre e Alia si diressero subito ai banchi dei pellami, di fronte ai quali, neanche a farlo apposta, c’erano quelli dei prodotti agricoli. Le donne avevano disposto le teste d’aglio, a cui non avevano staccato i lunghi fusti dal caratteristico colore rosso-rosa, nelle ceste di giunco e li vendevano a mazzi. Alia estrasse le monete dalla tasca del grembiule e ne comprò tre mazzi con la stessa fierezza di chi, ad un’asta di opere d’arte, si è appena aggiudicato un pezzo raro. Il padre, invece, non concluse altrettanto rapidamente i suoi affari e disse ad Alia di sedersi lì vicino e di aspettare pazientemente. Dopo un’ora erano ancora lì, lui a cercare di abbassare i prezzi, lei con il sacchetto dell’aglio in mano e un po’ di stanchezza addosso. Per far passare il tempo, iniziò a giocherellare con i bulbi odorosi e a intrecciare tra loro i fusti secchi, ricordandosi di come aveva fatto l’anno addietro la madre con i suoi capelli. Che giorni terribili erano stati quelli! Ogni mattina veniva pettinata con cura, ma poi, invece di potersi accarezzare le chiome setose, tac!, puntuale come le disgrazie, doveva subire il momento mortificante della treccia. “Non ti lamentare, se fossi veramente cattiva come dici, te li avrei tagliati questi capelli…” le diceva la madre e Alia non poteva far altro che star zitta, temendo un inasprimento della punizione. Mentre Alia ripercorreva con la memoria quel periodo per fortuna lontano, intorno a lei si formò un capannello di donne che guardavano ammirate le trecce fatte dalla bambina con i fusti dell’aglio. Non solo erano bellissime e avrebbero attratto i clienti, ma appendendole così, ne avrebbero potuto esporre molte di più e non c’era il rischio, in caso di pioggia, che marcissero. Una delle donne chiese alla bambina come le era venuta l’idea e di mostrarle come si faceva. Alia fu lusingata di poter spiegare ad un adulto la sua tecnica, ma non volle dire altro.
Se capitate a Vessalico il 2 luglio andate alla fiera: vedrete che l’aglio è diventato il protagonista principale e che ancora le donne lo presentano a trecce, così come aveva fatto Alia, che nonostante ripetute richieste, non ha mai rivelato il suo segreto.

Scheda aglioL'aglio di Vessalico (IM) sopravvive in località isolate e poco valorizzate turisticamente. I terrazzamenti sui quali viene coltivato ormai da secoli - la data d'istituzione della "Fera dell'aiu" è il 1760 - non superano, complessivamente i sette ettari: su queste fasce, alla coltura dell'aglio si succedono, in rotazione, quella della patata, delle fave e dei piselli. I produttori locali, da generazioni, si tramandano "la semenza", unitamente alla tradizionale tecnica di coltivazione e a quella di confezionamento. Le operazioni colturali sono semplici ma faticose: gli spicchi, tenuti a bagno per una notte, vengono seminati in solchi scavati a mano. L'assoluta assenza di trattamenti fitosanitari ha permesso all'aglio di Vessalico di ottenere la certificazione di prodotto biologico. La treccia, o "resta" non rappresenta un fatto puramente ornamentale: le piante intere, disseccandosi lentamente, continuano a nutrire il bulbo, mantenedolo sano e profumato fino a oltre otto mesi dalla raccolta. Recentemente un progetto di valorizzazione ha permesso all'aglio di Vessalico di essere inserito nell'elenco nazionale dei "prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Liguria". La volontà e l'impegno di un gruppo di agricoltori della Valle Arroscia, particolarmente attenti al mantenimento delle tradizioni, ha portato nel 2000 alla nascita della cooperativa "A Resta", che ha lo scopo di valorizzare questo prezioso prodotto. La cooperativa prepara anche l'aiè, salsa d'aglio, simile all'aïoli provenzale, che viene data in assaggio nelle sagre locali. Annualmente il 2 luglio si svolge la tradizionale fiera, divenuta nel tempo un appuntamento per migliaia di visitatori, anche stranieri.




Lorenza Russo

Da anni scrive di escursionismo e ambiente in libri, articoli e favole. Alla Liguria ha dedicato una guida gastronomica del Finalese. La favola sull'aglio fa parte di un volumetto (illustrato) di prossima pubblicazione...