giovedì 17 marzo 2011

Lonza al latte con castagne dei tecci di Calizzano e Murialdo


Per gentile concessione dell’azienda agrituristica “Le Giaire” di Calizzano (SV)
http://www.legiaire.it/, tel. 340 3269003

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)1,2 kg di lonza di maiale, 1,5 l di latte intero, sedano, carota e cipolla, 5 spicchi d’aglio, 3-4 foglie d’alloro o salvia, 300 g di castagne essiccate nei tecci di Calizzano e Murialdo, vino bianco q.b. per sfumare durante la cottura

Preparazione
Cuocere le castagne essiccate con una foglia d’alloro, partendo da acqua fredda, per circa un’ora e un quarto, salarle a fine cottura. Salare (e pepare) la lonza, quindi girarla nel soffritto di sedano, carota e cipolla, il tutto tagliato grossolanamente, sfumare con vino bianco. Aggiungere il latte, gli spicchi d’aglio, due foglie d’alloro e salvia. Cuocere per circa un’ora. A parte, frullare il fondo di cottura. Ridurre ed aggiungere le castagne. Affettare la lonza e servirla con la salsa preparata. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Rossese.
Io ti consiglio di gustare il piatto direttamente presso chi l’ha ideato: all’agriturismo “Le Giaire” – accoglienza sempre premurosa - dispongono di una bella sala da pranzo ricavata in un’antica mangiatoia, dove si sta al fresco anche d’estate. Queste castagne locali seccano nei tecci (piccole costruzioni di pietra, coperte da scàndole), dove una “graia” posizionata a 2-3 m dal suolo consente a calore e fumo di salire verso le castagne stesse, che vi venivano trasportate in sacchi dalle bestie da soma. Se dopo pranzo, visitando il paese, ti viene voglia di gelato, il bar “Pinotto” all’imbocco di Calizzano, oltre il fiume, non ha gestione loquacissima ma propone un gusto alla castagna senza rivali

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione delle castagne essiccate nei tecci di Calizzano e Murialdo li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

mercoledì 16 marzo 2011

Corzetti di farina di castagne dei tecci di Calizzano e Murialdo, con pesto o salsa di noci

Per gentile concessione dell’azienda agrituristica “Le Giaire” di Calizzano (SV)
http://www.legiaire.it/, tel. 340 3269003

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)700 g di farina di granito, 300 g di farina di castagne essiccate, 6 uova, 70 cl di vino bianco, 20 cl di extravergine ligure, acqua q.b.

PreparazioneImpastare gli ingredienti tutti insieme. Stendere una sfoglia sottile di 2-3 mm. Tagliare con apposito stampo o altra forma tonda di circa 8 cm di diametro. Cuocere in acqua salata fino a galleggiamento. Condire con pesto o salsa di noci. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Vermentino
Che nell’entroterra finalese si mangi bene un po’ ovunque non è cosa da dirsi a me, che vi trascorro le ferie estive dal 2003. Una delle glorie locali sono appunto le castagne essiccate nei tecci. La varietà è la gabbiana, e affumica due mesi sopra un fuoco di castagni tenue e continuo. Dopo di che se ne fanno confetture, biscotti (a Calizzano eccellente il gelato alla castagna del Bar Pinotto, accoglienza spartana ma ottime produzioni, proprio all’ingresso del paese superando il ponticello sulla Bormida)...

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei corzetti li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

mercoledì 9 marzo 2011

Minutal dolce di cedri (dal “Manuale di gastronomia” di Apicio)





Domenica sarò a Finalborgo, per narrare al Salone dell’Agroalimentare Ligure le glorie dell’arancia “pernambucco”. La storia degli agrumi è molto affascinante, ma i Romani – nostri progenitori anche in senso culinario… - conoscevano in pratica solamente i cedri. Dei cedri, originari della Cina o dell’India o dell’Iran, e conosciuti dagli Ebrei durante la cattività babilonese, era infatti già goloso Apicio (I secolo d.C.), dal ricettario di costui – ricettario cui ho dedicato nel 2010 un libro, “Tempo Mediterraneo” - rimane infatti un celebre minutal, che qui rievochiamo come “sfida” per gli chef, i gourmet e le appassionate (mi riferisco anche ad una tal Anna del blog Golosa Passione…). La golosità d’Apicio è anche nostra, tuttora i cedri si usano intensamente come garbati aromatizzanti, nelle canditure, nelle bibite rinfrescanti... A Roma le foglie fresche del cedro aromatizzavano il vino… Diamante/Santa Maria del Cedro, nel cosentino, appare oggi forse l’area più vocata per questo agrume povero di polpa ma la cui scorza possiede oli essenziali profumatissimi, apprezzati anche – anzi, perfino - nella cucina anglosassone.
Il termine antico minutal rinvia di solito ad una zuppa di pesce, minestra di mare, fricassea ittica, ammorsellato (sminuzzato, trito, spezzatino), anche con verdure e pasta sbriciolata, tipo i battolli e lo scuccusùn della Liguria. Rispetto a Isidoro di Siviglia (Or. 20,2,29), il minutal apiciano – ricetta facile per alcuni, ma difficilissima per altri - perde tuttavia i pesci e per verdura conserva solo i porri. E’ nei fatti una “paella” – una padellata - , costosa ed elitaria. Quanto al monumentale minutal di cedri, sorta di maiale in agrodolce, ecco la ricetta originale (senza le quantità degli ingredienti né consigli approfonditi per la preparazione…); il cedro è stato palesemente già confettato, viene irrorato d’aceto e non di miele in quanto già il mosto cotto arreca un sapore dolce; bizzarra la testa intera di porro, solitamente Apicio lo affetta. In bocca al lupo a quanti vorranno cimentarsi (fatemi sapere…):
IV, III, 5 - “versa nella pentola olio, garum, brodo, una testa di porro, taglia finemente il coriandolo, la spalla cotta di maialino e le polpettine. Mentre cuoce, pesta pepe, cumino, coriandolo fresco o in semi, menta fresca, radice di laser, aggiungi l’aceto, il mosto cotto, il sugo di cottura e lavora con l’aceto. Fa’ bollire. Quando sarà cotto, versa in pentola i cedri nettati dentro e fuori, tagliati a pezzetti e lessati. Lega con della pasta sbriciolata, spruzza il pepe e servi”

Umberto Curti, Ligucibario & Liguvinario

martedì 8 marzo 2011

Limoncino

L'omaggio di Poste Italiane al poeta "nobél" Eugenio Montale.
Ligure come pochi, scrisse di "viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne,
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni".
La poesia uscì nella raccolta "Ossi di seppia" (1925)


Ricetta (ingredienti e quantità)1 l di alcol 90°, 10 limoni (di più o di meno secondo dimensioni e sugosità), 400 g di zucchero, mezzo litro d’acqua

Preparazione (tempo 70-75 giorni)Lavare i limoni in acqua non fredda e spazzolarli con cura. Spelarli, quindi ridurre le scorze in sottili listarelle, infine porle a macerare 30 giorni in luogo buio dentro un recipiente di vetro a chiusura ermeticamente sigillata, con 750 ml di alcol. Trascorso il periodo, far bollire l’acqua e aggiungere lo zucchero, mescolando fino a scioglierlo. Questo sciroppo va raffreddato e successivamente versato, coi residui 250 ml di alcol, nel recipiente delle scorze in macerazione. Richiudere di nuovo, ben sigillando, e sempre al buio lasciar riposare per altri 40 giorni. Trascorsi 40 giorni, filtrare, imbottigliare (più elegante la demi da 375 cl), e poi gustare ben fresco. Questo liquore digestivo, celeberrimo nel Sud Italia, è prodotto anche in Liguria in modica quantità, e s’accompagna bene a pasticceria e macedonie. Poiché i limoni sono da secoli un patrimonio pienamente “mediterraneo”, ad es. è dell’Africa settentrionale (Marocco…) la tradizione dei lamoun makbouss, limoni in salamoia, pressati almeno 40 giorni in un barattolo con sale e varie spezie.

Umberto Curti, Ligucibario & Liguvinario

lunedì 7 marzo 2011

Torta Engadina

Giuseppe Verdi

Giuseppe Verdi (1813-1901), mentre stava lavorando al “Falstaff”, soggiornò lungamente a Genova, presso il Palazzo del Principe. Innamoratosi della pasticceria Klainguti in piazza Soziglia n. 98, che al Falstaff intitolò una brioche, scrisse “I vostri Falstaff sono migliori del mio”. Questa noticina autografata campeggia ancora nel negozio, dietro il banco dei dolci. L’opera lirica, su libretto di Boito, presentata alla Scala destò qualche riserva per la sua modernità, ma affermandosi poi nelle predilezioni di quasi tutti i melomani e i verdiani. Quanto alla pasticceria, tuttora in attività, essa fu fondata nel 1826 da 4 fratelli emigranti da Pontresina, paesino svizzero presso Sankt Moritz. E’ dunque da quasi 2 secoli che per thé, aperitivi, pasticcini e torte si sosta ritualmente da Klainguti, ammirando gli arredi, gli stucchi, gli specchi, l’atmosfera complessivamente liberty, quasi che il tempo si fosse fermato al secolo risorgimentale… Fra le specialità più gettonate la torta klaingutina con gli amaretti, la crema zena (uno speciale zabaione), la torta engadina con le noci, erede di quella “fuatscha grassa” che i contadini dell’Engadina preparavano – ipercalorica - per contrastare i rigori dell’inverno

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)Per la pastafrolla 300 g di farina, 150 g di zucchero, 180 g di burro, 1 uovo, 1 presina di sale. Per la farcia 220 g di zucchero, 250 ml di panna fresca, 100 g di noci, 100 g di nocciole e 100 g di mandorle spellate, 2 cucchiaiate di miele

Preparazione (tempo ore 1,5 circa)Preparata la pastafrolla (che riposerà in frigo una trentina di minuti), lavorare un caramello con la panna lievemente intiepidita, amalgamando bene. Eventuali grumi, su fuoco basso, si scioglieranno. Via dal fuoco, unire il miele e tutta la frutta secca preventivamente tritata. Ora spalmare due terzi dell’impasto sulla frolla – tenendo un po’ di frolla da parte - e foderare una tortiera confezionando un bordino alto circa 3 cm. Bucherellare, quindi spalmare il residuo dell’impasto e coprirlo con un disco sottile di frolla, sigillando i bordini tutt’attorno con cura. Bucherellare di nuovo, spennellare con l’uovo sbattuto, poi forno a 180° per un’ora scarsa. Questa torta si degusta fredda. L’abbinamento enologico suggerito è sempre un passito, ad es. un DOC Cinque Terre Sciacchetrà

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario