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giovedì 9 giugno 2016

Enogastronomia ligure, on line la directory di Ligucibario

Sono quasi 70 (il totale è in continua crescita) i video di "Enogastronomia Ligure", la raccolta dedicata da Umberto Curti, storico dell'alimentazione e ideatore di Ligucibario a storia, tradizione e ricette del food & wine di Liguria. La playlist figura all'interno di Ligucibario Channel, il canale YouTube linkato al sito omonimo.


mercoledì 25 novembre 2015

La focaccia genovese raccontata da Umberto Curti



Focaccia genovese: i suoi segreti sono l'olio extravergine e le corrette lievitazioni, parola dell'enogastronomo Umberto Curti, saggista e food&wine blogger. Video con sottotitoli in lingua inglese realizzato nell'ambito del progetto CNA Liguria "Scegli Artigiano!".

venerdì 20 novembre 2015

Il pesto genovese raccontato da Umberto Curti

Pesto genovese di basilico: la più famosa salsa al mortaio al mondo raccontata dall'enogastronomo Umberto Curti, saggista e food&wine blogger. Video con sottotitoli in lingua inglese realizzato nell'ambito del progetto CNA Liguria "Scegli Artigiano!".

lunedì 16 novembre 2015

Scegli Artigiano! Liguria del gusto in 23 video

Pesto, pasta fresca, focaccia, farinata, pandolce... e molto altro. Il meglio dell'artigianato e dell'enogastronomia della Liguria è "raccontato" dal canale YouTube "Scegli Artigiano!", creato e promosso da CNA Liguria con il contributo di Regione Liguria. Ecco il trailer dei 23 video "assaggi" proposti dal saggista e food&wine blogger Umberto Curti.

lunedì 23 gennaio 2012

L’aglio di Vessalico - Una favola di Lorenza Russo



Ho ricevuto pochi giorni fa via mail questa favola a tema alimentare (ma l'autrice ne ha scritte anche altre), l'ho trovata un'idea graziosa e quindi, amico lettore, buon "assaggio"!

Umberto Curti



In paese, lassù a Pieve di Teco, era nota per i suoi splendidi capelli biondi, luminosi come la seta e “lunghi come il torrente Arroscia”, almeno così dicevano tutti, anche se, ovviamente, non era vero. Alia, questo il nome della bambina, era nata in una famiglia di artigiani: il padre era calzolaio, la madre faceva la sarta e ricamava con grande maestria centrini e corsetti. Poche cose divertivano Alia come lo stare affacciata alla finestra – saliva su uno sgabello perché altrimenti non ci arrivava – a guardare il passaggio giù in strada. Si puntellava con i gomiti e con il mento si appoggiava sui pugni, lasciando cadere i capelli sparsi sul davanzale, in modo che i passanti li potessero vedere. I suoi genitori, che nella buona stagione stavano a lavorare sotto i portici, ogni tanto le lanciavano uno sguardo o le facevano un sorriso, che lei subito ricambiava. Da tempo non insistevano più perché andasse a giocare con gli altri bambini lungo il fiume: una volta, per dimostrare “a quegli invidiosi” che non ci credevano che i suoi capelli erano davvero lunghi quanto l’Arroscia, ci si era buttata dentro – per fortuna era estate – e la corrente se la sarebbe portata nel mare della Gallinara se poco a valle un pescatore di gamberi non avesse gettato una rete nella quale la bambina era rimasta impigliata. La madre per castigo l’aveva costretta a tenere i capelli raccolti in una treccia per un mese – un’umiliazione che aveva impedito ad Alia di farsi vedere alla finestra per tutto quel tempo –, il padre l’aveva punita in maniera altrettanto esemplare impedendole di accompagnarlo alla fiera annuale del bestiame di Vessalico, dove lui comprava il cuoio migliore per il suo lavoro. Poi il mese d’inferno era passato, ma per quell’anno la povera Alia aveva perso l’appuntamento che aspettava trepidante: quella fiera era piena di cianfrusaglie, di colori, di profumi e di gente. Non si vendevano solo animali o pellami, ma anche oggetti di ogni tipo, la mercanzia più varia e disparata, e poi i prodotti della terra. L’anno successivo non se la sarebbe fatta sfuggire per nessun motivo al mondo quindi, per non rischiare, rigò dritto giorno dopo giorno. A volte aiutava suo nonno, che lavorava al mulino vicino al ponte, altre volte stava sotto i portici con i suoi genitori e spazzava sotto i tavoli, accumulando in un angolo i ritagli di cuoio, i pezzi di filo da ricamo: il resto del tempo lo passava alla finestra, ma solo se aveva già fatto tutto il resto. Arrivarono così l’inizio di luglio e la fiera di Vessalico. Alia si pettinò per più di un’ora, scelse un vestito di mussola bianca con il grembiule e la pettorina verde e salì emozionata sul carretto di suo padre: la madre le affidò anche la commissione di comprare dell’aglio – quello di Vessalico era il migliore di tutta la Valle Arroscia – e le diede dei denari con cui si sarebbe anche potuta comprare un sacchetto di frittelle dolci. Arrivati a Vessalico il padre e Alia si diressero subito ai banchi dei pellami, di fronte ai quali, neanche a farlo apposta, c’erano quelli dei prodotti agricoli. Le donne avevano disposto le teste d’aglio, a cui non avevano staccato i lunghi fusti dal caratteristico colore rosso-rosa, nelle ceste di giunco e li vendevano a mazzi. Alia estrasse le monete dalla tasca del grembiule e ne comprò tre mazzi con la stessa fierezza di chi, ad un’asta di opere d’arte, si è appena aggiudicato un pezzo raro. Il padre, invece, non concluse altrettanto rapidamente i suoi affari e disse ad Alia di sedersi lì vicino e di aspettare pazientemente. Dopo un’ora erano ancora lì, lui a cercare di abbassare i prezzi, lei con il sacchetto dell’aglio in mano e un po’ di stanchezza addosso. Per far passare il tempo, iniziò a giocherellare con i bulbi odorosi e a intrecciare tra loro i fusti secchi, ricordandosi di come aveva fatto l’anno addietro la madre con i suoi capelli. Che giorni terribili erano stati quelli! Ogni mattina veniva pettinata con cura, ma poi, invece di potersi accarezzare le chiome setose, tac!, puntuale come le disgrazie, doveva subire il momento mortificante della treccia. “Non ti lamentare, se fossi veramente cattiva come dici, te li avrei tagliati questi capelli…” le diceva la madre e Alia non poteva far altro che star zitta, temendo un inasprimento della punizione. Mentre Alia ripercorreva con la memoria quel periodo per fortuna lontano, intorno a lei si formò un capannello di donne che guardavano ammirate le trecce fatte dalla bambina con i fusti dell’aglio. Non solo erano bellissime e avrebbero attratto i clienti, ma appendendole così, ne avrebbero potuto esporre molte di più e non c’era il rischio, in caso di pioggia, che marcissero. Una delle donne chiese alla bambina come le era venuta l’idea e di mostrarle come si faceva. Alia fu lusingata di poter spiegare ad un adulto la sua tecnica, ma non volle dire altro.
Se capitate a Vessalico il 2 luglio andate alla fiera: vedrete che l’aglio è diventato il protagonista principale e che ancora le donne lo presentano a trecce, così come aveva fatto Alia, che nonostante ripetute richieste, non ha mai rivelato il suo segreto.

Scheda aglioL'aglio di Vessalico (IM) sopravvive in località isolate e poco valorizzate turisticamente. I terrazzamenti sui quali viene coltivato ormai da secoli - la data d'istituzione della "Fera dell'aiu" è il 1760 - non superano, complessivamente i sette ettari: su queste fasce, alla coltura dell'aglio si succedono, in rotazione, quella della patata, delle fave e dei piselli. I produttori locali, da generazioni, si tramandano "la semenza", unitamente alla tradizionale tecnica di coltivazione e a quella di confezionamento. Le operazioni colturali sono semplici ma faticose: gli spicchi, tenuti a bagno per una notte, vengono seminati in solchi scavati a mano. L'assoluta assenza di trattamenti fitosanitari ha permesso all'aglio di Vessalico di ottenere la certificazione di prodotto biologico. La treccia, o "resta" non rappresenta un fatto puramente ornamentale: le piante intere, disseccandosi lentamente, continuano a nutrire il bulbo, mantenedolo sano e profumato fino a oltre otto mesi dalla raccolta. Recentemente un progetto di valorizzazione ha permesso all'aglio di Vessalico di essere inserito nell'elenco nazionale dei "prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Liguria". La volontà e l'impegno di un gruppo di agricoltori della Valle Arroscia, particolarmente attenti al mantenimento delle tradizioni, ha portato nel 2000 alla nascita della cooperativa "A Resta", che ha lo scopo di valorizzare questo prezioso prodotto. La cooperativa prepara anche l'aiè, salsa d'aglio, simile all'aïoli provenzale, che viene data in assaggio nelle sagre locali. Annualmente il 2 luglio si svolge la tradizionale fiera, divenuta nel tempo un appuntamento per migliaia di visitatori, anche stranieri.




Lorenza Russo

Da anni scrive di escursionismo e ambiente in libri, articoli e favole. Alla Liguria ha dedicato una guida gastronomica del Finalese. La favola sull'aglio fa parte di un volumetto (illustrato) di prossima pubblicazione...

mercoledì 16 febbraio 2011

Focaccia genovese



Ricetta casalinga per una teglia (lama) da 6-8 persone1 kg di farina 00 rinforzata (20% farina speciale), 50 grammi di olio extravergine (mai lo strutto!), altri 100 grammi di evo per irrorare l’impasto una volta disteso nella teglia, 20 grammi d’estratto di malto (che darà colore), 20 grammi di sale fino, 35 grammi di lievito di birra, mezzo litro abbondante d’acqua.

PreparazioneLa ricetta comporta un’assai lunga preparazione (occhio alle temperature e all’umidità!). S’impastano armoniosamente i vari ingredienti escluso il sale (una macchina a forcella richiederebbe 30 minuti, a spirale 15). L’impasto deve immediatamente lievitare per un’ora, possibilmente su ripiano di legno e in luogo umido e chiuso, e poi – pezzato per la teglia – per altri 20 minuti. Divenuto elastico, è delicatamente stirato, senza pressarlo, dentro la teglia, prima di ricevere i conclusivi acqua (una spruzzatina), olio (100 grammi), sale q.b. e colpi di dita. I colpi di dita creano alveoli superficiali, ombelichi piacevoli a vedersi, dove si deposita l’olio, attenzione a non bucare la pasta... L’impasto riposerà infine altre 2-3 ore, ove possibile in cella a 40° e umidità 85%. Cottura ben viva, 20 minuti a 220°. Il miglior partner della focaccia genovese è un Vermentino (vino presente in molte aree mediterranee e addirittura in 4 DOC liguri), proposto a 10-11° in calici a stelo alto.

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della focaccia li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 15 febbraio 2011

Frisceu di baccalà (frittelle)


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)Mezzo kg di baccalà già ammollato per 48 ore (ogni tanto cambiando l’acqua), 150 g di farina '00', olio extravergine, sale q.b. (con moderazione)

Preparazione (tempo circa 45 minuti)Il pesce (è merluzzo bianco gadus morhua sotto sale*) va desquamato e diliscato, poi spezzettato a mo’ di scaloppine regolari di circa 5 cm di lato. Si realizza intanto una pastella – morbida, che lo avvolga - con farina, acqua intiepidita (con un po’ di vino bianco secco), una cucchiaiata d’olio e una presina di sale, e dopo averla fatta riposare una trentina di minuti vi si immergono i pezzi di pesce. L’impasto, utilizzando sempre un cucchiaio, si versa in abbondante olio bollente dentro una padella, dopo alcuni minuti è pronto. Si toglie dall’olio, si asciuga e si serve in tavola, se occorre con un’ultima spolverata di sale. I frisceu non vanno confusi coi cuculli, che nascono a base di farina di ceci. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Vermentino, o un bianco spumantizzato che con un po' di carbonazione “sgrassi” la bocca. Nota bene, la pastella viene preparata anche in altri modi molteplici, con uovo, lieviti, acqua frizzante…
* lo stoccafisso è il medesimo pesce ma essiccato

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei frisceu di baccalà li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/





lunedì 14 febbraio 2011

Pan cotto


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)4 michette di pane avanzato (circa 3-400 g), 3 cucchiai di parmigiano grattugiato, 3-4 spicchi d’aglio, origano, olio extravergine, sale q.b.

Preparazione (tempo 20 minuti circa)Salare e bollire a fuoco medio dell’acqua, circa 1 litro, aggiungendo l’olio e gli spicchi d’aglio integri (senza camicia). Quando l’aglio è cotto unire il pane raffermo (pane indurito, non integrale) spezzettato a tocchi, l’origano e il parmigiano. Provocare ancora un bollore vivo e poi servire subito, caldo, con un ultimo filo d’olio evo a crudo. Ottimo – e nutriente - anche preparando con brodo di carne e aggiungendo uova sbattute. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Ormeasco sciac-trà (rosato). Tipico di Vezzano Ligure (SP), ma anche di Genova, recupero creativo del pane vecchio, la povertà acuiva l’ingegno. Ove presenti, basilico e pomodoro lo avvicinano al pan cotto del Sud Italia, che gradisce anche zafferano e peperoncino. Ricette tutte antiche, tanto che Costanzo Felici scriveva nel ‘500 a proposito del pane: “Ma poi le variate minestre che da esso nascono! Prima vi è il pan cotto o pan bullito, vi è il pan grattato… minestre compastate con brodi come con acqua semplice poi condite con olio o con noce o con amandole o con latte o con formaio o con pevere o altre spetie”

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del pan cotto li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

giovedì 10 febbraio 2011

Fricassea di scorzonera


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)4 mazzi di scorzonera (“barba di prete”), 1 ciuffo di prezzemolo, 3 uova, mezza cipolla, 1 limone, 1 bicchiere d’extravergine, brodo (di carne o di dado), sale q.b.

Preparazione (tempo… variabile)Contorno celebre, è una “fracassata” di radici, chiamate scorzonera dal catalano “escurso” (vipera), in quanto ritenute antidoto al veleno di quel rettile. Nettare (raschiare), sciacquare e bollire la scorzonera in abbondante acqua salata (e acidulata), tenendola al dente, quindi sgocciolarla e tagliarla in pezzi o a fettine. Rosolare nell’olio la cipolla e il prezzemolo tritati, gettarvi la scorzonera regolando di sale e diluendo via via con un poco di brodo (no burro) per insaporirla. Intanto in una ciotola profonda sbattere le uova col succo di 1 limone, togliere la scorzonera dal fuoco e irrorarla, rimescolando affinché le uova si rapprendano. Se occorre, rimettere un momento sul fuoco. Impiattare caldissime, anche con una spolverata di prezzemolo tritato. L’abbinamento enologico suggerito, vista la nota dolce del piatto, è ad es. un DOC Colli di Luni Bianco. Lessata, la scorzonera entra talvolta anche nel cappon magro

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della fricassea di scorzonera li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

mercoledì 9 febbraio 2011

Panigacci (panigazzi)

panigacci: delizia di confine fra 3 regioni

Ricetta per 6-8 persone (ingredienti e quantità)1 kg scarso di farina bianca “0”, 1,8 l d’acqua, sale

Preparazione (tempo 15 minuti circa) Non esiste una ricetta unica e univoca, ma va sottolineato che questo impasto è più denso rispetto ai testaroli e che la cottura prevede d'impilare i panigacci in piccoli testi a bordo un po' rialzato che vengono fatti arroventare. 
Bagnare la farina con due bicchieri d’acqua, regolare di sale e lavorare l’impasto lasciandolo piuttosto fluido (come per le frittelle). Scaldare i testi * sopra un fuoco di legna, in genere va ottimamente il legno ligure, sino a che siano incandescenti. Porre – senza scottarsi! - il primo testo sul pavimento, riempirlo con un mestolo di pastella, coprirlo col secondo testo e così via, sino a comporre una colonna di 6-7 sino a 10-12 testi pieni di pastella. Lasciarli così per circa 5 minuti, in modo che la pastella cuocia su ambo i lati, e quindi togliere i panigacci ormai cotti (più morbidi o più croccanti secondo il gusto). Ancora caldi si dispongono in ceste di vimini e si accompagnano a salumi e formaggi locali, a mo’ di piadine, oppure si condiscono con olio e parmigiano grattugiato, o con agliata. Sono molto digeribili in quanto non lievitati. L’abbinamento enologico suggerito è strettamente in funzione del “partner”, esistono infatti formaggi e salumi che chiedono vini di diverso impegno. La parola panigacci deriva da panìco, un cereale affine al miglio, antica graminacea asiatica che oggi si usa oramai solo per il becchime, sostituita da mais e risi. Di testi (il diametro per i panigacci è circa 15 cm) esiste ancora un ottimo fabbricante a Iscioli, frazione di Ne (GE)
* teglie con orli bassi o comunque dischi di materiale vario, ghisa, ferro…, adatti a fiamme e a braci, “antiaderenti”

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei panigacci li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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martedì 8 febbraio 2011

Reginette con le uova

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)200 g di reginette, 3 uova, 1,5 l di brodo di carne (o in emergenza di dado), 50 g di parmigiano o grana padano grattugiato, 2 cucchiai di persa (maggiorana) fresca, 1 spicchio d’aglio, noce moscata e sale q.b.

Preparazione (tempo 30 minuti circa)Le reginette sono fettuccine talora crespate ai bordi, molto amate al Sud, larghe circa 1,5 cm e che richiedono una decina di minuti di cottura. Si prepara il brodo immergendovi anche lo spicchio d’aglio spellato e la persa. Quando bolle, si elimina l’aglio e vi si gettano le reginette. Intanto in una ciotola si sbattono le uova col formaggio e un poco di noce moscata (se serve, anche un po’ d’olio extravergine ligure), diluendo con un mestolino di brodo. Quando la pasta è cotta, togliere dal fuoco e aggiungere lentamente il composto rimestando bene, finché si rapprenda. La minestra è da servire calda, piatto delicato, simile alla stracciatella dell’Emilia. Si spolvera di parmigiano. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio Bianco

Umberto Curti
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Storia e tradizione delle reginette con le uova li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

lunedì 7 febbraio 2011

Riso arrosto

riso: malgrado Genova ne dominasse il commercio,
in Liguria riguarda solo 3-4 ricette...


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)400 g di riso da risotti (superfine o vialone nano), 2 cucchiai di “tocco” (sugo di carne), 200 g di salsiccia (o prosciutto crudo), 100 g di laccetti*, 20 g di funghi secchi rinvenuti in acqua tiepida, 150 g di piselli, 150 g di carciofi (in stagione), 2 bicchierini d’extravergine, 100 g di pan grattato, 100 g di parmigiano o grana padano grattugiato (3-4 cucchiai circa), 1 cipolla, vino bianco secco, sale e prezzemolo q.b.
* il morbo di mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina) aveva ovviamente vietato frattaglie e interiora di quinto quarto. Tenersi sempre informati protegge la salute!

Preparazione (tempo 35 minuti circa)Ricetta assai diffusa nell’entroterra di levante. Tritare la cipolla col prezzemolo e rosolarli in olio (+ eventuale burro), unire la salsiccia sminuzzata e il riso. Continuare a rosolare sfumando col vino. Tritare i funghi e aggiungerli, poi anche i laccetti sminuzzati, i carciofi tagliati a pezzi e i piselli, regolando di sale. Dopo una decina di minuti levare dalla fiamma, spolverare di formaggio e aggiungere il sugo di carne (senza lesinare). Infine versare e livellare il composto (la consistenza sarà simile al risotto, cotto al dente) in un tegame, unto o imburrato, compattarlo con una forchetta, infine cospargere di pan grattato e infornare (gratinare) a 180° per un’altra decina di minuti. Servire caldo. Fa da piatto unico, proteico. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. - per restare sul terroir - un DOC Golfo del Tigullio rosso

Umberto Curti
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Storia e tradizione del riso arrosto li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

giovedì 3 febbraio 2011

Muscoli ripieni

foto tratta dalla piattaforma "LiguriaFood"

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)1,5 kg di muscoli locali (circa 2 dozzine), mollica ammollata nel latte, 150 g di parmigiano o grana padano grattugiato, un mazzetto di persa (maggiorana) e uno di prezzemolo, 4 pomodori, 1 uovo per ogni commensale, 50 g di prosciutto cotto e/o mortadella, sale q.b.

Preparazione (tempo 30-40 minuti circa)Pulire i muscoli e farli aprire sul fuoco vivo in padella (gettare sempre quelli che non si aprono). Tenere da parte i migliori – diffidare dei giganteschi… – e, aiutandosi con un coltellino, togliere dalle valve alcuni dei rimanenti. Tritare questi ultimi con gli odori (persa, prezzemolo…). In un’ampia ciotola lavorarli accuratamente con le uova, il formaggio * e la mollica strizzata (va egregiamente il pane raffermo). Successivamente tritare i pomodori e realizzare un sugo in padella, che va un po’ tirato e regolato di sale. Cuocere per 5 minuti. Farcire le valve con una cucchiaiata del ripieno – ben sodo - e cucirle con un filo da cucina in modo che non entri aria, quindi insaporirle nel sugo di pomodoro per una decina di minuti, a fuoco medio. Oppure 20 minuti di forno a 180°. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio rosato
* forse che i francesi non aggiungono fromage alla loro soupe de poissons?

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei muscoli ripieni li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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mercoledì 2 febbraio 2011

Riso e preboggion


...e naufragar m'è dolce nel preboggion

Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)300 g di riso (si calcolino 2 pugni a persona), 3 bei mazzi di preboggion (erbetti) contenenti preferibilmente - secondo disponibilità del mercato - bietole, borragine, pimpinella, dente di leone…, 4 cucchiai di pesto di basilico, 3 cucchiai di extravergine ligure, parmigiano grattugiato, sale q.b.

Preparazione (tempo 1 ora circa)Si lavano scrupolosamente e si tagliano a fettucce le verdure, che poi si lessano in abbondante acqua salata. Dopo una quarantina di minuti s’aggiunge il riso, e si cuoce per altri 15-18 minuti rimestando bene. Il piatto, presente già nella Cuciniera ottocentesca del Ratto, si condisce con un pesto diluito e infine con una spolverata di parmigiano. Si consuma sia caldo sia freddo. La consistenza, un po’ risotto un po’ minestra, dovrà risultare non troppo brodosa né troppo soda. Ottimo partner è un DOC Colli di Luni Vermentino, servito a 11° in calici a stelo alto

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del riso col preboggion li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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martedì 1 febbraio 2011

Riso in cagnone



Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)500 g di riso (superfine o vialone), 150 g di salsiccia sminuzzata, 1 mestolo di sugo di carne, 1 mestolino di brodo di carne, 8 cucchiaiate di parmigiano o grana padano grattugiato (circa 150 g), sale q.b.

Preparazione (tempo 30 minuti circa)Lessare il riso in abbondante acqua salata. Scolarlo a metà della cottura e porlo in una casseruola dove sta “borbottando” il sugo di carne, già filtrato nel setaccio chinois e diluito col mestolino di brodo di carne. Unire ora a fuoco vivace la salsiccia sminuzzata, mescolando bene, poi metà del formaggio, facendo attenzione che il “risotto” non s’attacchi. Via via provvedere, ove occorra, con ancora un po’ di brodo. Il piatto si degusta caldo, spolverizzando con il restante formaggio. Prende il nome da cagnun, che in lombardo è una larva d’insetto (mosca carnaria), bianca, il cui aspetto ricorda il chicco di riso gonfiato dalla cottura. La versione ligure è una sorta – semplificata - di riso al fondo bruno – si parva licet componere magnis… - , quella padana contiene talora anche burro e salvia. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Ormeasco (vitigno dolcetto)

Umberto Curti
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lunedì 31 gennaio 2011

Fegato all’aggiadda (in agliata)

sua maestà l'aglio, nutraceutico che regna sulle salse da mortaio...


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)500 g di fegato di vitello affettato sottile, 2 spicchi d’aglio di Vessalico (IM), mollica di un panino inzuppata nell’aceto, olio extravergine, 1 tazza d’aceto di qualità, sale q.b.

Preparazione (tempo pochi minuti)Rosolare le fettine di fegato in olio caldo, a fiamma viva. Intanto nel mortaio battere l’aglio insieme alla mollica, già ammollata e strizzata, e via via all’aceto, incorporando bene col pestello gli ingredienti per ottenere un composto cremoso (l'aggiadda è la madre di tutte le salse liguri al mortaio). Quando l’aspetto del fegato conferma l’avvenuta cottura, unire la salsa “aggiadda” e rimescolare, così che dia sapore al piatto. Servire caldissimo. L’agliata è una salsa antica, molto diffusa, un tempo si diluiva con agresto* (ma personalmente sconsiglio la cagliata)… L’abbinamento enologico suggerito – non senza difficoltà - è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Rossese
* dalle uve acerbe l'agresto, che nel Medioevo sopperiva alla scarsità d'aceti e limoni


Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del fegato all’aggiadda li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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venerdì 28 gennaio 2011

Favetta


fave, in Liguria partner per antonomasia
del salame di Sant'Olcese
e del pecorino sardo fresco...

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)250-300 g di farina di fave secche, 1 cipolla tritata, 1 carota tritata, alcune cipolline fresche, sale q.b., olio extravergine, acqua

Preparazione (tempo circa 1 ora)Ricetta antica. Cuocere la farina in mezzo litro d’acqua, sale e qualche goccia d’olio, rimestando. Dopo circa 50 minuti versare l’impasto, addensatosi, in una ciotola, affinché si freddi. Rosolare in padella, con l’olio, la cipolla ben tritata, la carota e la favetta tagliata a tocchi. Impiattare con le cipolline e degustare calda, anche con un filo d’olio a crudo. Di fatto la favetta è una polentina simile al “maccu” siciliano, preparato con fave bianche (quella parola significherebbe ammaccato). E’ ottima anche su crostini, e può a propria volta far da “letto” a seppie e totanetti. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio Bianchetta

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della favetta li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/