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lunedì 23 gennaio 2012

L’aglio di Vessalico - Una favola di Lorenza Russo



Ho ricevuto pochi giorni fa via mail questa favola a tema alimentare (ma l'autrice ne ha scritte anche altre), l'ho trovata un'idea graziosa e quindi, amico lettore, buon "assaggio"!

Umberto Curti



In paese, lassù a Pieve di Teco, era nota per i suoi splendidi capelli biondi, luminosi come la seta e “lunghi come il torrente Arroscia”, almeno così dicevano tutti, anche se, ovviamente, non era vero. Alia, questo il nome della bambina, era nata in una famiglia di artigiani: il padre era calzolaio, la madre faceva la sarta e ricamava con grande maestria centrini e corsetti. Poche cose divertivano Alia come lo stare affacciata alla finestra – saliva su uno sgabello perché altrimenti non ci arrivava – a guardare il passaggio giù in strada. Si puntellava con i gomiti e con il mento si appoggiava sui pugni, lasciando cadere i capelli sparsi sul davanzale, in modo che i passanti li potessero vedere. I suoi genitori, che nella buona stagione stavano a lavorare sotto i portici, ogni tanto le lanciavano uno sguardo o le facevano un sorriso, che lei subito ricambiava. Da tempo non insistevano più perché andasse a giocare con gli altri bambini lungo il fiume: una volta, per dimostrare “a quegli invidiosi” che non ci credevano che i suoi capelli erano davvero lunghi quanto l’Arroscia, ci si era buttata dentro – per fortuna era estate – e la corrente se la sarebbe portata nel mare della Gallinara se poco a valle un pescatore di gamberi non avesse gettato una rete nella quale la bambina era rimasta impigliata. La madre per castigo l’aveva costretta a tenere i capelli raccolti in una treccia per un mese – un’umiliazione che aveva impedito ad Alia di farsi vedere alla finestra per tutto quel tempo –, il padre l’aveva punita in maniera altrettanto esemplare impedendole di accompagnarlo alla fiera annuale del bestiame di Vessalico, dove lui comprava il cuoio migliore per il suo lavoro. Poi il mese d’inferno era passato, ma per quell’anno la povera Alia aveva perso l’appuntamento che aspettava trepidante: quella fiera era piena di cianfrusaglie, di colori, di profumi e di gente. Non si vendevano solo animali o pellami, ma anche oggetti di ogni tipo, la mercanzia più varia e disparata, e poi i prodotti della terra. L’anno successivo non se la sarebbe fatta sfuggire per nessun motivo al mondo quindi, per non rischiare, rigò dritto giorno dopo giorno. A volte aiutava suo nonno, che lavorava al mulino vicino al ponte, altre volte stava sotto i portici con i suoi genitori e spazzava sotto i tavoli, accumulando in un angolo i ritagli di cuoio, i pezzi di filo da ricamo: il resto del tempo lo passava alla finestra, ma solo se aveva già fatto tutto il resto. Arrivarono così l’inizio di luglio e la fiera di Vessalico. Alia si pettinò per più di un’ora, scelse un vestito di mussola bianca con il grembiule e la pettorina verde e salì emozionata sul carretto di suo padre: la madre le affidò anche la commissione di comprare dell’aglio – quello di Vessalico era il migliore di tutta la Valle Arroscia – e le diede dei denari con cui si sarebbe anche potuta comprare un sacchetto di frittelle dolci. Arrivati a Vessalico il padre e Alia si diressero subito ai banchi dei pellami, di fronte ai quali, neanche a farlo apposta, c’erano quelli dei prodotti agricoli. Le donne avevano disposto le teste d’aglio, a cui non avevano staccato i lunghi fusti dal caratteristico colore rosso-rosa, nelle ceste di giunco e li vendevano a mazzi. Alia estrasse le monete dalla tasca del grembiule e ne comprò tre mazzi con la stessa fierezza di chi, ad un’asta di opere d’arte, si è appena aggiudicato un pezzo raro. Il padre, invece, non concluse altrettanto rapidamente i suoi affari e disse ad Alia di sedersi lì vicino e di aspettare pazientemente. Dopo un’ora erano ancora lì, lui a cercare di abbassare i prezzi, lei con il sacchetto dell’aglio in mano e un po’ di stanchezza addosso. Per far passare il tempo, iniziò a giocherellare con i bulbi odorosi e a intrecciare tra loro i fusti secchi, ricordandosi di come aveva fatto l’anno addietro la madre con i suoi capelli. Che giorni terribili erano stati quelli! Ogni mattina veniva pettinata con cura, ma poi, invece di potersi accarezzare le chiome setose, tac!, puntuale come le disgrazie, doveva subire il momento mortificante della treccia. “Non ti lamentare, se fossi veramente cattiva come dici, te li avrei tagliati questi capelli…” le diceva la madre e Alia non poteva far altro che star zitta, temendo un inasprimento della punizione. Mentre Alia ripercorreva con la memoria quel periodo per fortuna lontano, intorno a lei si formò un capannello di donne che guardavano ammirate le trecce fatte dalla bambina con i fusti dell’aglio. Non solo erano bellissime e avrebbero attratto i clienti, ma appendendole così, ne avrebbero potuto esporre molte di più e non c’era il rischio, in caso di pioggia, che marcissero. Una delle donne chiese alla bambina come le era venuta l’idea e di mostrarle come si faceva. Alia fu lusingata di poter spiegare ad un adulto la sua tecnica, ma non volle dire altro.
Se capitate a Vessalico il 2 luglio andate alla fiera: vedrete che l’aglio è diventato il protagonista principale e che ancora le donne lo presentano a trecce, così come aveva fatto Alia, che nonostante ripetute richieste, non ha mai rivelato il suo segreto.

Scheda aglioL'aglio di Vessalico (IM) sopravvive in località isolate e poco valorizzate turisticamente. I terrazzamenti sui quali viene coltivato ormai da secoli - la data d'istituzione della "Fera dell'aiu" è il 1760 - non superano, complessivamente i sette ettari: su queste fasce, alla coltura dell'aglio si succedono, in rotazione, quella della patata, delle fave e dei piselli. I produttori locali, da generazioni, si tramandano "la semenza", unitamente alla tradizionale tecnica di coltivazione e a quella di confezionamento. Le operazioni colturali sono semplici ma faticose: gli spicchi, tenuti a bagno per una notte, vengono seminati in solchi scavati a mano. L'assoluta assenza di trattamenti fitosanitari ha permesso all'aglio di Vessalico di ottenere la certificazione di prodotto biologico. La treccia, o "resta" non rappresenta un fatto puramente ornamentale: le piante intere, disseccandosi lentamente, continuano a nutrire il bulbo, mantenedolo sano e profumato fino a oltre otto mesi dalla raccolta. Recentemente un progetto di valorizzazione ha permesso all'aglio di Vessalico di essere inserito nell'elenco nazionale dei "prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Liguria". La volontà e l'impegno di un gruppo di agricoltori della Valle Arroscia, particolarmente attenti al mantenimento delle tradizioni, ha portato nel 2000 alla nascita della cooperativa "A Resta", che ha lo scopo di valorizzare questo prezioso prodotto. La cooperativa prepara anche l'aiè, salsa d'aglio, simile all'aïoli provenzale, che viene data in assaggio nelle sagre locali. Annualmente il 2 luglio si svolge la tradizionale fiera, divenuta nel tempo un appuntamento per migliaia di visitatori, anche stranieri.




Lorenza Russo

Da anni scrive di escursionismo e ambiente in libri, articoli e favole. Alla Liguria ha dedicato una guida gastronomica del Finalese. La favola sull'aglio fa parte di un volumetto (illustrato) di prossima pubblicazione...

venerdì 1 aprile 2011

Torta salata ai profumi di campo (un’idea di Liguricettario)


La prescinseua commercializzata da Latte Tigullio,

un valido esempio di cagliata pronta per l'uso

Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)

180 g di farina, 3 uova, 1 bicchiere d’olio extravergine ligure, 200 g di prescinsêua, 100 ml di latte, 100 g di parmigiano grattugiato, erbe aromatiche fresche secondo disponibilità e preferenze (persa, menta, basilico, prezzemolo, erba cipollina, timo…), lievito, sale q.b., un po’ di burro per ungere la teglia di cottura


Preparazione (tempo ore 1 circa)

Trita le erbe grossolanamente mentre preriscaldi il forno a 180°. In una ciotola ampia lavora l’olio col latte e le uova. Sempre rimestando unisci trito d’erbe, farina, parmigiano e prescinsêua. Ora puoi salare e aggiungere il lievito, fino ad amalgamare un composto ben liscio, che verserai in una teglia imburrata e spolverizzata di farina. Forno per 50 minuti, controllando. La torta, di facile esecuzione, è pronta (e molto digeribile), caratterizzata dalla presenza della prescinseua e delle erbe aromatiche liguri; si degusta calda, tiepida o fredda secondo i gusti, ma non tagliarla da calda. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Colli di Luni Vermentino, il contesto ovviamente cambia se la torta accompagna i salumi (da provare con le coppe piacentine!). Se la prescinseua ti "incuriosisce", trovi nelle librerie un volumetto monografico pubblicato dalla genovese Erga


Umberto Curti

Storia e tradizione delle torte salate liguri li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

mercoledì 16 febbraio 2011

Focaccia genovese



Ricetta casalinga per una teglia (lama) da 6-8 persone1 kg di farina 00 rinforzata (20% farina speciale), 50 grammi di olio extravergine (mai lo strutto!), altri 100 grammi di evo per irrorare l’impasto una volta disteso nella teglia, 20 grammi d’estratto di malto (che darà colore), 20 grammi di sale fino, 35 grammi di lievito di birra, mezzo litro abbondante d’acqua.

PreparazioneLa ricetta comporta un’assai lunga preparazione (occhio alle temperature e all’umidità!). S’impastano armoniosamente i vari ingredienti escluso il sale (una macchina a forcella richiederebbe 30 minuti, a spirale 15). L’impasto deve immediatamente lievitare per un’ora, possibilmente su ripiano di legno e in luogo umido e chiuso, e poi – pezzato per la teglia – per altri 20 minuti. Divenuto elastico, è delicatamente stirato, senza pressarlo, dentro la teglia, prima di ricevere i conclusivi acqua (una spruzzatina), olio (100 grammi), sale q.b. e colpi di dita. I colpi di dita creano alveoli superficiali, ombelichi piacevoli a vedersi, dove si deposita l’olio, attenzione a non bucare la pasta... L’impasto riposerà infine altre 2-3 ore, ove possibile in cella a 40° e umidità 85%. Cottura ben viva, 20 minuti a 220°. Il miglior partner della focaccia genovese è un Vermentino (vino presente in molte aree mediterranee e addirittura in 4 DOC liguri), proposto a 10-11° in calici a stelo alto.

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della focaccia li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 15 febbraio 2011

Frisceu di baccalà (frittelle)


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)Mezzo kg di baccalà già ammollato per 48 ore (ogni tanto cambiando l’acqua), 150 g di farina '00', olio extravergine, sale q.b. (con moderazione)

Preparazione (tempo circa 45 minuti)Il pesce (è merluzzo bianco gadus morhua sotto sale*) va desquamato e diliscato, poi spezzettato a mo’ di scaloppine regolari di circa 5 cm di lato. Si realizza intanto una pastella – morbida, che lo avvolga - con farina, acqua intiepidita (con un po’ di vino bianco secco), una cucchiaiata d’olio e una presina di sale, e dopo averla fatta riposare una trentina di minuti vi si immergono i pezzi di pesce. L’impasto, utilizzando sempre un cucchiaio, si versa in abbondante olio bollente dentro una padella, dopo alcuni minuti è pronto. Si toglie dall’olio, si asciuga e si serve in tavola, se occorre con un’ultima spolverata di sale. I frisceu non vanno confusi coi cuculli, che nascono a base di farina di ceci. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Vermentino, o un bianco spumantizzato che con un po' di carbonazione “sgrassi” la bocca. Nota bene, la pastella viene preparata anche in altri modi molteplici, con uovo, lieviti, acqua frizzante…
* lo stoccafisso è il medesimo pesce ma essiccato

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei frisceu di baccalà li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/





lunedì 14 febbraio 2011

Pan cotto


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)4 michette di pane avanzato (circa 3-400 g), 3 cucchiai di parmigiano grattugiato, 3-4 spicchi d’aglio, origano, olio extravergine, sale q.b.

Preparazione (tempo 20 minuti circa)Salare e bollire a fuoco medio dell’acqua, circa 1 litro, aggiungendo l’olio e gli spicchi d’aglio integri (senza camicia). Quando l’aglio è cotto unire il pane raffermo (pane indurito, non integrale) spezzettato a tocchi, l’origano e il parmigiano. Provocare ancora un bollore vivo e poi servire subito, caldo, con un ultimo filo d’olio evo a crudo. Ottimo – e nutriente - anche preparando con brodo di carne e aggiungendo uova sbattute. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Ormeasco sciac-trà (rosato). Tipico di Vezzano Ligure (SP), ma anche di Genova, recupero creativo del pane vecchio, la povertà acuiva l’ingegno. Ove presenti, basilico e pomodoro lo avvicinano al pan cotto del Sud Italia, che gradisce anche zafferano e peperoncino. Ricette tutte antiche, tanto che Costanzo Felici scriveva nel ‘500 a proposito del pane: “Ma poi le variate minestre che da esso nascono! Prima vi è il pan cotto o pan bullito, vi è il pan grattato… minestre compastate con brodi come con acqua semplice poi condite con olio o con noce o con amandole o con latte o con formaio o con pevere o altre spetie”

Umberto Curti
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Storia e tradizione del pan cotto li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

venerdì 11 febbraio 2011

Condiggiòn (insalata mista)

le belle gallette del marinaio
del panificio Maccarini a San Rocco di Camogli


Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)
Pomodori non troppo maturi (cuori di bue), cetrioli, peperoni piccoli (privati di pellicine e semi), sedano (talvolta) e finocchi (talvolta), olive nere liguri in salamoia, cipolle fresche, acciughe sotto sale (o 50 g di mosciamme), foglie di basilico, insalata a piacere, gallette del marinaio, olio extravergine ligure “di frantoio”, aceto, aglio di Vessalico, sale

Preparazione (tempo 30 minuti circa)
Si strofinano le gallette con l’aglio, si ammorbidiscono in poca acqua e aceto, poi si dispongono sul piatto da portata, o in un grilletto di terracotta. Si coprono con le verdure tagliate/affettate, unendo acciughe e/o mosciamme, e condendo con profusione di olio, sale e un po’ di aceto (se piace, sebbene poco filologico, anche quello balsamico). Si decora infine il piatto con le profumate foglioline di basilico (talora di menta) e le olive nere, ad es. le taggiasche. Come si nota, è un’antica ricetta a crudo, soprattutto estiva, semplice semplice, basilico e cetriolo la differenziano dalla nizzarda. L’abbinamento enologico è reso difficoltoso dalla presenza di pomodori, acciughe, aglio, aceto… Si tenta – arditamente - con un Vermentino...di carattere

Umberto Curti
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Storia e tradizione del condiggiòn li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

giovedì 10 febbraio 2011

Fricassea di scorzonera


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)4 mazzi di scorzonera (“barba di prete”), 1 ciuffo di prezzemolo, 3 uova, mezza cipolla, 1 limone, 1 bicchiere d’extravergine, brodo (di carne o di dado), sale q.b.

Preparazione (tempo… variabile)Contorno celebre, è una “fracassata” di radici, chiamate scorzonera dal catalano “escurso” (vipera), in quanto ritenute antidoto al veleno di quel rettile. Nettare (raschiare), sciacquare e bollire la scorzonera in abbondante acqua salata (e acidulata), tenendola al dente, quindi sgocciolarla e tagliarla in pezzi o a fettine. Rosolare nell’olio la cipolla e il prezzemolo tritati, gettarvi la scorzonera regolando di sale e diluendo via via con un poco di brodo (no burro) per insaporirla. Intanto in una ciotola profonda sbattere le uova col succo di 1 limone, togliere la scorzonera dal fuoco e irrorarla, rimescolando affinché le uova si rapprendano. Se occorre, rimettere un momento sul fuoco. Impiattare caldissime, anche con una spolverata di prezzemolo tritato. L’abbinamento enologico suggerito, vista la nota dolce del piatto, è ad es. un DOC Colli di Luni Bianco. Lessata, la scorzonera entra talvolta anche nel cappon magro

Umberto Curti
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Storia e tradizione della fricassea di scorzonera li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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mercoledì 9 febbraio 2011

Panigacci (panigazzi)

panigacci: delizia di confine fra 3 regioni

Ricetta per 6-8 persone (ingredienti e quantità)1 kg scarso di farina bianca “0”, 1,8 l d’acqua, sale

Preparazione (tempo 15 minuti circa) Non esiste una ricetta unica e univoca, ma va sottolineato che questo impasto è più denso rispetto ai testaroli e che la cottura prevede d'impilare i panigacci in piccoli testi a bordo un po' rialzato che vengono fatti arroventare. 
Bagnare la farina con due bicchieri d’acqua, regolare di sale e lavorare l’impasto lasciandolo piuttosto fluido (come per le frittelle). Scaldare i testi * sopra un fuoco di legna, in genere va ottimamente il legno ligure, sino a che siano incandescenti. Porre – senza scottarsi! - il primo testo sul pavimento, riempirlo con un mestolo di pastella, coprirlo col secondo testo e così via, sino a comporre una colonna di 6-7 sino a 10-12 testi pieni di pastella. Lasciarli così per circa 5 minuti, in modo che la pastella cuocia su ambo i lati, e quindi togliere i panigacci ormai cotti (più morbidi o più croccanti secondo il gusto). Ancora caldi si dispongono in ceste di vimini e si accompagnano a salumi e formaggi locali, a mo’ di piadine, oppure si condiscono con olio e parmigiano grattugiato, o con agliata. Sono molto digeribili in quanto non lievitati. L’abbinamento enologico suggerito è strettamente in funzione del “partner”, esistono infatti formaggi e salumi che chiedono vini di diverso impegno. La parola panigacci deriva da panìco, un cereale affine al miglio, antica graminacea asiatica che oggi si usa oramai solo per il becchime, sostituita da mais e risi. Di testi (il diametro per i panigacci è circa 15 cm) esiste ancora un ottimo fabbricante a Iscioli, frazione di Ne (GE)
* teglie con orli bassi o comunque dischi di materiale vario, ghisa, ferro…, adatti a fiamme e a braci, “antiaderenti”

Umberto Curti
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Storia e tradizione dei panigacci li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 8 febbraio 2011

Reginette con le uova

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)200 g di reginette, 3 uova, 1,5 l di brodo di carne (o in emergenza di dado), 50 g di parmigiano o grana padano grattugiato, 2 cucchiai di persa (maggiorana) fresca, 1 spicchio d’aglio, noce moscata e sale q.b.

Preparazione (tempo 30 minuti circa)Le reginette sono fettuccine talora crespate ai bordi, molto amate al Sud, larghe circa 1,5 cm e che richiedono una decina di minuti di cottura. Si prepara il brodo immergendovi anche lo spicchio d’aglio spellato e la persa. Quando bolle, si elimina l’aglio e vi si gettano le reginette. Intanto in una ciotola si sbattono le uova col formaggio e un poco di noce moscata (se serve, anche un po’ d’olio extravergine ligure), diluendo con un mestolino di brodo. Quando la pasta è cotta, togliere dal fuoco e aggiungere lentamente il composto rimestando bene, finché si rapprenda. La minestra è da servire calda, piatto delicato, simile alla stracciatella dell’Emilia. Si spolvera di parmigiano. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio Bianco

Umberto Curti
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Storia e tradizione delle reginette con le uova li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

lunedì 7 febbraio 2011

Riso arrosto

riso: malgrado Genova ne dominasse il commercio,
in Liguria riguarda solo 3-4 ricette...


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)400 g di riso da risotti (superfine o vialone nano), 2 cucchiai di “tocco” (sugo di carne), 200 g di salsiccia (o prosciutto crudo), 100 g di laccetti*, 20 g di funghi secchi rinvenuti in acqua tiepida, 150 g di piselli, 150 g di carciofi (in stagione), 2 bicchierini d’extravergine, 100 g di pan grattato, 100 g di parmigiano o grana padano grattugiato (3-4 cucchiai circa), 1 cipolla, vino bianco secco, sale e prezzemolo q.b.
* il morbo di mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina) aveva ovviamente vietato frattaglie e interiora di quinto quarto. Tenersi sempre informati protegge la salute!

Preparazione (tempo 35 minuti circa)Ricetta assai diffusa nell’entroterra di levante. Tritare la cipolla col prezzemolo e rosolarli in olio (+ eventuale burro), unire la salsiccia sminuzzata e il riso. Continuare a rosolare sfumando col vino. Tritare i funghi e aggiungerli, poi anche i laccetti sminuzzati, i carciofi tagliati a pezzi e i piselli, regolando di sale. Dopo una decina di minuti levare dalla fiamma, spolverare di formaggio e aggiungere il sugo di carne (senza lesinare). Infine versare e livellare il composto (la consistenza sarà simile al risotto, cotto al dente) in un tegame, unto o imburrato, compattarlo con una forchetta, infine cospargere di pan grattato e infornare (gratinare) a 180° per un’altra decina di minuti. Servire caldo. Fa da piatto unico, proteico. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. - per restare sul terroir - un DOC Golfo del Tigullio rosso

Umberto Curti
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Storia e tradizione del riso arrosto li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

giovedì 3 febbraio 2011

Muscoli ripieni

foto tratta dalla piattaforma "LiguriaFood"

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)1,5 kg di muscoli locali (circa 2 dozzine), mollica ammollata nel latte, 150 g di parmigiano o grana padano grattugiato, un mazzetto di persa (maggiorana) e uno di prezzemolo, 4 pomodori, 1 uovo per ogni commensale, 50 g di prosciutto cotto e/o mortadella, sale q.b.

Preparazione (tempo 30-40 minuti circa)Pulire i muscoli e farli aprire sul fuoco vivo in padella (gettare sempre quelli che non si aprono). Tenere da parte i migliori – diffidare dei giganteschi… – e, aiutandosi con un coltellino, togliere dalle valve alcuni dei rimanenti. Tritare questi ultimi con gli odori (persa, prezzemolo…). In un’ampia ciotola lavorarli accuratamente con le uova, il formaggio * e la mollica strizzata (va egregiamente il pane raffermo). Successivamente tritare i pomodori e realizzare un sugo in padella, che va un po’ tirato e regolato di sale. Cuocere per 5 minuti. Farcire le valve con una cucchiaiata del ripieno – ben sodo - e cucirle con un filo da cucina in modo che non entri aria, quindi insaporirle nel sugo di pomodoro per una decina di minuti, a fuoco medio. Oppure 20 minuti di forno a 180°. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio rosato
* forse che i francesi non aggiungono fromage alla loro soupe de poissons?

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei muscoli ripieni li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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mercoledì 2 febbraio 2011

Riso e preboggion


...e naufragar m'è dolce nel preboggion

Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)300 g di riso (si calcolino 2 pugni a persona), 3 bei mazzi di preboggion (erbetti) contenenti preferibilmente - secondo disponibilità del mercato - bietole, borragine, pimpinella, dente di leone…, 4 cucchiai di pesto di basilico, 3 cucchiai di extravergine ligure, parmigiano grattugiato, sale q.b.

Preparazione (tempo 1 ora circa)Si lavano scrupolosamente e si tagliano a fettucce le verdure, che poi si lessano in abbondante acqua salata. Dopo una quarantina di minuti s’aggiunge il riso, e si cuoce per altri 15-18 minuti rimestando bene. Il piatto, presente già nella Cuciniera ottocentesca del Ratto, si condisce con un pesto diluito e infine con una spolverata di parmigiano. Si consuma sia caldo sia freddo. La consistenza, un po’ risotto un po’ minestra, dovrà risultare non troppo brodosa né troppo soda. Ottimo partner è un DOC Colli di Luni Vermentino, servito a 11° in calici a stelo alto

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del riso col preboggion li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 1 febbraio 2011

Riso in cagnone



Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)500 g di riso (superfine o vialone), 150 g di salsiccia sminuzzata, 1 mestolo di sugo di carne, 1 mestolino di brodo di carne, 8 cucchiaiate di parmigiano o grana padano grattugiato (circa 150 g), sale q.b.

Preparazione (tempo 30 minuti circa)Lessare il riso in abbondante acqua salata. Scolarlo a metà della cottura e porlo in una casseruola dove sta “borbottando” il sugo di carne, già filtrato nel setaccio chinois e diluito col mestolino di brodo di carne. Unire ora a fuoco vivace la salsiccia sminuzzata, mescolando bene, poi metà del formaggio, facendo attenzione che il “risotto” non s’attacchi. Via via provvedere, ove occorra, con ancora un po’ di brodo. Il piatto si degusta caldo, spolverizzando con il restante formaggio. Prende il nome da cagnun, che in lombardo è una larva d’insetto (mosca carnaria), bianca, il cui aspetto ricorda il chicco di riso gonfiato dalla cottura. La versione ligure è una sorta – semplificata - di riso al fondo bruno – si parva licet componere magnis… - , quella padana contiene talora anche burro e salvia. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Ormeasco (vitigno dolcetto)

Umberto Curti
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Storia e tradizione del riso in cagnone li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

lunedì 31 gennaio 2011

Fegato all’aggiadda (in agliata)

sua maestà l'aglio, nutraceutico che regna sulle salse da mortaio...


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)500 g di fegato di vitello affettato sottile, 2 spicchi d’aglio di Vessalico (IM), mollica di un panino inzuppata nell’aceto, olio extravergine, 1 tazza d’aceto di qualità, sale q.b.

Preparazione (tempo pochi minuti)Rosolare le fettine di fegato in olio caldo, a fiamma viva. Intanto nel mortaio battere l’aglio insieme alla mollica, già ammollata e strizzata, e via via all’aceto, incorporando bene col pestello gli ingredienti per ottenere un composto cremoso (l'aggiadda è la madre di tutte le salse liguri al mortaio). Quando l’aspetto del fegato conferma l’avvenuta cottura, unire la salsa “aggiadda” e rimescolare, così che dia sapore al piatto. Servire caldissimo. L’agliata è una salsa antica, molto diffusa, un tempo si diluiva con agresto* (ma personalmente sconsiglio la cagliata)… L’abbinamento enologico suggerito – non senza difficoltà - è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Rossese
* dalle uve acerbe l'agresto, che nel Medioevo sopperiva alla scarsità d'aceti e limoni


Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del fegato all’aggiadda li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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venerdì 28 gennaio 2011

Favetta


fave, in Liguria partner per antonomasia
del salame di Sant'Olcese
e del pecorino sardo fresco...

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)250-300 g di farina di fave secche, 1 cipolla tritata, 1 carota tritata, alcune cipolline fresche, sale q.b., olio extravergine, acqua

Preparazione (tempo circa 1 ora)Ricetta antica. Cuocere la farina in mezzo litro d’acqua, sale e qualche goccia d’olio, rimestando. Dopo circa 50 minuti versare l’impasto, addensatosi, in una ciotola, affinché si freddi. Rosolare in padella, con l’olio, la cipolla ben tritata, la carota e la favetta tagliata a tocchi. Impiattare con le cipolline e degustare calda, anche con un filo d’olio a crudo. Di fatto la favetta è una polentina simile al “maccu” siciliano, preparato con fave bianche (quella parola significherebbe ammaccato). E’ ottima anche su crostini, e può a propria volta far da “letto” a seppie e totanetti. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio Bianchetta

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della favetta li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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giovedì 27 gennaio 2011

Piccatiggio (piccatiglio)

burro, una rarità nelle ricette liguri



Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)1 kg di polpa di vitello tritata, 40 g di burro, 4 cucchiai di extravergine ligure, 2 cucchiai di prezzemolo fresco tritato, 1 carota tritata, 1 cipolla bianca tritata, 10 olive nere salate e denocciolate (in mancanza, verdi), brodo, 3 uova, sale (e pepe) q.b.

Preparazione (tempo pochi minuti)Piccatiggio deriva dallo spagnolo, e latinoamericano, picar = sminuzzare. In un’ampia padella si pongono a soffriggere in olio e burro il trito di prezzemolo, la carota, la cipolla e le olive nere sminuzzate, mescolando per alcuni minuti. S’aggiunge la carne, versando via via un po’ di brodo per tenerla umida, sempre mescolando. Regolata di sale (e pepe), la carne cuoce una ventina di minuti (la cottura breve tutela la morbidezza). Nel frattempo si sbattono le 3 uova e s’uniscono alla carne per un paio di minuti, fiamma viva. Il piccatiggio, piatto unico, si serve caldo, talvolta decorato da spicchi e zest di limone. Si prepara anche di pollo, o di cappone. L’abbinamento enologico è una querelle, perché alcuni contrastano la nota dolce del burro (raro nelle cuciniere liguri) e delle uova con vini sapidi. Io opto per un DOC riviera ligure di ponente Rossese, beva non troppo impegnativa

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del piccatiggio li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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mercoledì 26 gennaio 2011

Paté di polpo


polpo, è meraviglioso anche lesso, con patate...

Ricetta (ingredienti e quantità)300 g di polpo cotto, aceto bianco di qualità, 10 g di prezzemolo, 2 spicchi d’aglio di Vessalico, una cucchiaiata di capperi, un bicchierino (1 dl circa) d’olio extravergine ligure, crostoni o gallette

Preparazione (tempo pochi minuti)Il polpo, catturato, veniva dagli zavorristi bollito, spellato e battuto, poi nel mortaio veniva lavorato con capperi, aglio, prezzemolo e olio, fino ad ottenere una crema “energetica”, spalmabile sulle gallette. Oggi il paté si prepara spellando il polpo (già cotto*) e lasciandolo una decina di minuti in acqua addizionata d’aceto bianco. Asciugato, si taglia poi a tocchetti e si passa nel mixer (v’è chi aggiunge mollica rafferma ammorbidita nell’aceto). Intanto in una padella si rosolano l’aglio tritato, il prezzemolo e i capperi interi. Si unisce ben presto la crema di polpo, amalgamando con cura per circa 5 minuti. Si spalma infine sui crostoni o le gallette. Va conservata sott’olio. Nel caso viceversa della soppressata (o cima, o salame) ritratta nella foto, al polpo bollito, posto in uno stampo da plumcake, verrà sovrapposto un altro stampo e un peso di alcuni chili. Dopo 10 ore di frigo sarà tagliato a fette e condito, splendidamente con le olive al tremello (timo). L’abbinamento enologico suggerito è sempre ad es. un DOC Colli di Luni Vermentino
* tuffarlo 3 volte nell’acqua affinché non s’abbassi di colpo il bollore, e poi bollirlo per 30 minuti

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del paté di polpo li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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martedì 25 gennaio 2011

Frittata di bianchetti (o di rossetti)

rossetti: provateli anche lessi
con un filo d'extravergine...

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)350-400 g di rossetti * , 50 g di parmigiano grattugiato (3 cucchiai circa), 4 uova, mollica di pane raffermo ammollata nel latte, 1 ciuffo di prezzemolo o di persa (maggiorana) freschi, olio extravergine, sale q.b., 1 spicchio d’aglio se piace
* i rossetti sono esemplari già adulti. Viceversa i bianchetti, di cui è stata vietata la pesca, sono novellame (di sardine, di acciughe...)

Preparazione (tempo 15 minuti, 35 al forno)I bianchetti erano un culto anche a Napoli, in Sicilia… Oggi si ripiega sui rossetti. Questa è una delle tante ricette in cui danno il meglio di sé, ma v’è chi li adora anche crudi * . In una comoda ciotola sbattere le uova col prezzemolo tritato, il formaggio e la mollica strizzata. Regolando di sale unire i rossetti puliti, mescolare amalgamando bene e procedere come per una normale frittata, pochissimo olio caldo e 5 minuti per lato. Servire porzionata a triangolini. Ottima e leggera anche la procedura al forno, 30 minuti a 180°, in una pirofila già unta e spolverata di pan grattato. La ricetta funge da antipasto o da secondo. Il grande chef Nino Bergese (una vita alla “Santa” di vico Indoratori a Genova…), per differenziarla e nobilitarla, coi bianchetti realizzava un soufflé. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio Vermentino
* il pesce da consumarsi crudo va sempre sottoposto ad abbattimento. A mio parere meglio non fidarsi del surgelato, che spesso è pesce ghiaccio (cinese) di pessima qualità

Umberto Curti
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Storia e tradizione della frittata di bianchetti li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia.
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lunedì 24 gennaio 2011

Imbrogliata di carciofi


Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)12-13 carciofi giovani, succo di limone, 1 dl di extravergine, 20 g di burro, 6 uova, mezzo bicchiere di latte, g 100-120 di parmigiano grattugiato (3 cucchiaiate circa), sale q.b.

Preparazione (tempo 15 minuti circa)I carciofi, mondati delle foglie più esterne, delle punte e della peluria interna, si affettano a piccoli spicchi e si pongono nell’acqua, addizionata da succo di limone. Si rosolano poi in padella antiaderente nell’olio, e appena prendono a dorare e ad appassire si tolgono dal fuoco e s’aggiunge il burro. A parte, in un’ampia ciotola, si sbattono con la frusta le uova, il latte e il parmigiano, con un po’ di sale, finché il composto monta. Si ri-saltano ora in padella i carciofi col composto, muovendo e amalgamando bene, velocemente. Il piatto avrà una consistenza rappresa, morbida, non troppo filante, e si consumerà ben caldo. Almeno ad Albenga (SV) dovrebbe essere obbligatorio inserirlo a menu in tutti i ristoranti, insieme all'imbrogliata di zucchine (e alla frittata d'asparagi)… L’imbrogliata si cucina anche – meno elegantemente - con piselli, patate…
Coi piatti di carciofi l’abbinamento enologico è sempre difficoltoso, qui va comunque privilegiato un bianco, da servire a 11° in calici a stelo alto

Umberto Curti
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venerdì 21 gennaio 2011

Orata coi carciofi

si scrive carciofo, ma in Liguria
si legge soprattutto Albenga e Perinaldo...

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)1 orata (o altro pesce a polpa bianca) da 1 kg, 1 bicchierino d’extravergine e 1 bicchierino di vino bianco secco, 5 carciofi d’Albenga puliti, rosmarino o altra erba aromatica (se prezzemolo tritarlo), 1 spicchio d’aglio di Vessalico, brodo vegetale, sale q.b.

Preparazione (tempo un’ora circa)Pulire e porre i carciofi, tagliati a spicchietti e mondati dei gambi, in acqua acidulata col limone. In una teglia/pirofila preventivamente unta disporre il pesce già pulito e sviscerato e aromatizzarlo sia dentro sia fuori con aglio (sbucciato, lavato e schiacciato), rosmarino (lavato e asciugato), sale. Oliare e quindi rosolare una decina di minuti, unendo vino e due-tre mestolini di brodo. Ora aggiungere i carciofi tutt’attorno * , e cuocere ancora una mezz’ora ad almeno 220° (calcolare mediamente un’ora totale di cottura per ogni chilo di pesce). Impiattare (i puristi direbbero dressare) inumidendo tutto col brodo di cottura. L’abbinamento enologico suggerito è, malgrado l’ostacolo dei carciofi, un DOC riviera ligure di ponente Pigato
* v’è chi preliminarmente trifola per alcuni minuti i carciofi a fuoco vivo (con eventuale aggiunta di dado), e quindi li aggiunge al pesce molto più tardi, circa 5 minuti prima che termini la cottura…

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dell’orata coi carciofi li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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