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giovedì 27 gennaio 2011

Piccatiggio (piccatiglio)

burro, una rarità nelle ricette liguri



Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)1 kg di polpa di vitello tritata, 40 g di burro, 4 cucchiai di extravergine ligure, 2 cucchiai di prezzemolo fresco tritato, 1 carota tritata, 1 cipolla bianca tritata, 10 olive nere salate e denocciolate (in mancanza, verdi), brodo, 3 uova, sale (e pepe) q.b.

Preparazione (tempo pochi minuti)Piccatiggio deriva dallo spagnolo, e latinoamericano, picar = sminuzzare. In un’ampia padella si pongono a soffriggere in olio e burro il trito di prezzemolo, la carota, la cipolla e le olive nere sminuzzate, mescolando per alcuni minuti. S’aggiunge la carne, versando via via un po’ di brodo per tenerla umida, sempre mescolando. Regolata di sale (e pepe), la carne cuoce una ventina di minuti (la cottura breve tutela la morbidezza). Nel frattempo si sbattono le 3 uova e s’uniscono alla carne per un paio di minuti, fiamma viva. Il piccatiggio, piatto unico, si serve caldo, talvolta decorato da spicchi e zest di limone. Si prepara anche di pollo, o di cappone. L’abbinamento enologico è una querelle, perché alcuni contrastano la nota dolce del burro (raro nelle cuciniere liguri) e delle uova con vini sapidi. Io opto per un DOC riviera ligure di ponente Rossese, beva non troppo impegnativa

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del piccatiggio li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

giovedì 16 dicembre 2010

Tomaxelle (involtini di carne ripieni)

a Genova si scrive tomaxelle con la x...

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)400 g/8 fettine (calcolarne due per persona) di fesa di vitello ben sottili, 1 hg di punta di petto, 100 g di magro, 30-50 g di funghi secchi ammollati mezz’ora in acqua tiepida, 2 uova, mollica di 1 panino raffermo, 2 cucchiai di pinoli italiani, 3 cucchiai di parmigiano grattugiato, mezzo bicchiere di brodo, sugo di carne abbondante, 1 spicchio d’aglio di Vessalico, odori (persa, prezzemolo), 2 chiodi di garofano, noce moscata, sale q.b.

Preparazione (tempo 40 minuti circa)Scottare 5 minuti nell’acqua bollente la punta di petto e il magro, quindi tritarli (una volta si pestavano nel mortaio) insieme alla mollica precedentemente ammollata in brodo, ai pinoli, all’aglio, al prezzemolo, alla persa (maggiorana), ai funghi strizzati. Fare un composto ben omogeneo e lavorarlo a lungo in un’ampia ciotola con le uova, il parmigiano, le spezie. Al termine, deporlo sulle fettine (battute e stese su di un piano), che andranno poi arrotolate e cucite con filo gastronomico incolore, e per maggior sicurezza infilzate con stecchini. La cottura è a fuoco tenue-medio, casseruola bassa e larga, in sugo abbondante con conserva di pomodoro (più me metti più arrosserai l'aspetto del piatto), il sugo va tenuto abbastanza liquido. Non rigirarle. Servirle tiepide, ricoperte dalla loro salsa appetitosa. Piatto ricco, ma in origine di recupero, non si comprende l'origine del nome, forse tomaculum = salsicciotto, forse tomex = cordoncino).
L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC riviera ligure di ponente Rossese

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione delle tomaxelle li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 7 dicembre 2010

Bianco e nero d’agnello


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)Interiora di un agnello giovane (quelle che nel Lazio vengono dette “coratella”), 1 spicchio d’aglio di Vessalico, 1 ciuffetto di prezzemolo fresco, 1 bicchiere scarso di extravergine, 1 bicchiere di vino bianco secco, una presa di farina fine, brodo, sale q.b.

Preparazione (tempo pochi minuti)Lavare bene le frattaglie (che devono essere brillanti, umide, inodori), spezzettandole a cubetti. Soffriggerle nell’olio già caldo bagnandole col vino bianco finché evapora. Le parti chiare vanno in cottura alquanto prima di quelle scure. Unire aglio e prezzemolo tritati, dorandoli, regolando di sale e completando la cottura via via con brodo. Ultimata, spolverizzare un poco di farina col setaccino e rimescolare, affinché la bagna s’addensi. Piatto in origine “povero”, e pasquale, alcuni aggiungono alloro e un po’ di limone, perfino piselli. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Rossese

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del bianco e nero d’agnello li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

venerdì 26 novembre 2010

Zeraria



Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)Mezzo kg di carne suina tenera, mezzo kg di carne di vitella, 2 piedini di maiale, zafferano, foglie di limone o d’arancio, e sale q.b.

Preparazione (tempo alcune ore) Il piatto ad Alpicella (alture di Varazze) è noto come zeaia. Le carni, disossate, devono cuocere a fuoco moderato per circa 3 – talora anche 4 - ore in acqua e sale, dentro una grossa pentola. Custodire il brodo e fasciare la carne in un canovaccio, schiacciandola con un oggetto pesante, sinché si raffreddi. Dopo diverse ore affettarla e impiattarla su 2 piatti da portata sopra un letto di foglie di limone lavate e asciugate, allestendo al centro i piedini. Scaldare il brodo che si era conservato da parte, sgrassarlo, unire una presina di zafferano profumato (delle Cinque Terre, di Triora...), rimestare bene e versare nei piatti “coprendo” la carne. La zeraria è pronta l’indomani, quando il brodo si sarà rassodato in gelatina. V’è chi aggiunge pepe… A Toirano (SV) fa da tradizione natalizia, altrove carnevalesca. Può talora prevedere anche carne di coniglio. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Rossese

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della zeraria li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/



giovedì 11 novembre 2010

LIGURIA NEL PIATTO E NEL BICCHIERE: CIMA ALLA GENOVESE E ROSSESE DI DOLCEACQUA




Di cima alla genovese su Liguricettario avete letto qualche settimana fa, quando è apparso sul blog il post dedicato alla preparazione di questo caposaldo della cucina regionale.

Ritorniamo oggi sull'argomento per raccontare di un suo possibile abbinamento enologico - un "matrimonio di amore" a tutta Liguria - con il più francese dei vini liguri, il Rossese di Dolceacqua.

Protagonista di una struggente canzone di Fabrizio De Andrè, la cima alla genovese è piatto storico della gastronomia ligure: lo si trova declinato in numerose varianti su tutto l'arco regionale, dalla quantità/qualità di verdura nel ripieno sino alle tipologie di "contenitore", erede sempre e comunque dell'antichissima tradizione delle galantine (lo prefigura persino Apicio, il gourmet della Roma imperiale, nel suo pollo ripieno). E in Francia gustiamo la poitrine de veau farcie...

La versione genovese è più ricca di carne nel ripieno (i soliti zeneizi... spendaccioni) che gonfia "u lampu", la tasca di vitello.

Ben si sposa con un Rossese Dolceacqua DOC, vino da tutto pasto, di beva non impegnativa soprattutto nella tipologia base: lo riconosci dal colore rubino chiaro e dagli aromi intriganti di rosa e fragola, che sovente preludono alla nota amarognola di catrame (il mitico goudron).

L'abbinamento tra Rossese di Dolceacqua e cima genovese sarà il protagonista del prossimo Vinerdì: il 12 novembre il ciclo di conferenze degustazioni organizzate da Ligucibario e guidate dall'etnogastronomo Umberto Curti verterà proprio sulla DOC "più antica" (1972) della Liguria. Giungerà così al termine, dopo una lieta galoppata fra tutte le 8 DOC regionali, sarà anche l'occasione per un arrivederci ai prossimi progetti.

Per ulteriori dettagli cliccate Liguvinario.


Buon abbinamento!

Ligucibario & Liguvinario





Venerdì 12 novembre, alle ore 20.00, la Pasticceria Robbiano e Ligucibario “stappano”, sempre in via Don Orione 21 a Genova, l’ottavo e per ora conclusivo Vinerdì, dedicato alla importante DOC Rossese di Dolceacqua.
Si degusteranno, sotto la guida dell’etnogastronomo Umberto Curti, il Dolceacqua base in abbinamento alla cima genovese e il Dolceacqua Superiore in abbinamento a salumi di Mele in Valle Stura. Una bella coppa di Moscato DOC Tigullio per i brindisi con la torta di pinoli e l’arrivederci a nuovi cicli d’incontri.
La serata, che “unisce” gusti e tradizioni, è un nuovo appuntamento all’insegna della convivialità e della cultura. Il dott. Diego Portaluppi intratterrà i presenti con una breve conversazione sul castello dei Doria a Dolceacqua.
Il Vinerdì DOC Rossese di Dolceacqua è proposto a 19 euro. Info e prenotazioni in pasticceria (010 504122), e su http://www.ligucibario.com/ “contattaci” (010 5299905).


CALENDARIO COMPLETO DELLA MANIFESTAZIONE
§ vinerdì 18 giugno, la DOC Val Polcevera
§ vinerdì 2 luglio, la DOC Golfo del Tigullio
§ vinerdì 30 luglio, la DOC Cinque Terre
§ vinerdì 17 settembre, la DOC Riviera ligure di ponente
§ vinerdì 1 ottobre, la DOC Colline di Levanto
§ vinerdì 22 ottobre, la DOC Ormeasco di Pornassio
§ vinerdì 4 novembre, la DOC Colli di Luni
§ vinerdì 12 novembre, la DOC Rossese di Dolceacqua.

domenica 10 ottobre 2010

Ravioli alla genovese




I soavi ravioli
di una rosticceria di Genova

Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)
250 g di vitello magro, 4 mazzi di scarola (300 g), 1 mazzo di borragine (200 g), 100 g di maiale magro, 150 g di tettina bovina, 50 g di laccetti (animelle) * , 100 g di cervella, 30 g di schienali, 70 g di salsiccia, 4 uova e direi non di più, mollica di un panino inzuppata nel brodo, brodo (di carne), 3-4 cucchiai di parmigiano grattugiato, persa (maggiorana), sale q.b.
* il morbo di mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina) aveva ovviamente vietato le frattaglie e interiora di quinto quarto. Tenersi informati protegge la salute!

Preparazione (tempo variabile in funzione del riposo dell’impasto)
La farcia si prepara facendo bollire 5 minuti scarole e borragine già pulite e lavate, quindi strizzandole. Intanto si taglia a tocchetti tutta la carne (salsiccia esclusa) e si dora nel burro, unendo verso fine cottura – per ultimi – la cervella e i filoni (schienali) già puliti e ammollati. Porre tutto sul tagliere e tritare ben bene, poi battere nel mortaio, a questo punto aggiungere la salsiccia anch’essa sbriciolata a pezzetti e amalgamare in un’ampia ciotola con le uova sbattute, la mollica già inzuppata, una presa di parmigiano, la persa, il sale quanto basta. Mescolare accuratamente col mestolino di legno e far riposare al fresco, no frigo. Uno strato di farcia alto circa 1 cm va ora steso su una sfoglia sottile (mezzo kg abbondante di farina '0', 3 uova, un po’ d’acqua e un pizzico di sale), coprendo con un’altra sfoglia, anch’essa di giusta consistenza. Saldare, e ricavare con la rotellina i ravioli nella loro classica forma squadrata e dentata. Far asciugare un paio d’ore. Bollirli poco per volta (una decina di minuti max) in acqua salata, infine condire con tocco * di carne cotto 3 ore a fuoco lento (o sugo d’arrosto bianco) e parmigiano grattugiato. Se si fanno in brodo, vanno tagliati un po’ più piccoli. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC riviera ligure di ponente Rossese
* pezzo intero ("reale" di carne bovina), indica il sugo, nel quale appunto cuoce a lungo con aromi, sino ad acquistare un colore di oro. Le donne di un tempo lo facevano leggermente attaccare sul fondo, in quanto il sapore di “scutizzo” (bruciacchiato) non dispiaceva. Verrà filtrato prima di condire la pasta o i ravioli, e il pezzo – morbido e gustoso - sarà variamente utilizzato. Anticamente, a Capodanno il sugo si faceva con ossette di maiale, simbolo di ricchezza, e condiva anche polenta (balsamica nei mesi freddi)

Umberto CurtiStoria e tradizione dei ravioli alla genovese li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 5 ottobre 2010

Coniglio alla ligure



Metti un Vinerdì... il coniglio alla ligure
"rivisitato" da Robbiano e Ligucibario

Ricetta (ingredienti e quantità)
Un coniglio (giovane) di peso 1,5 kg, 4-5 cucchiai d’olio extravergine, 1-3 foglie di alloro, timo o persa (maggiorana) q.b., 1 cipolla tritata, mezza costa di sedano tritata, 1-2 spicchi d’aglio, 1 cucchiaio di rosmarino, pinoli, 2 gherigli di noce, brodo di carne (testa e fegato di coniglio), 100 g di olive nere liguri in salamoia, 1-2 bicchieri di Dolceacqua, sale q.b.


Preparazione per 4 persone (tempo 1 ora abbondante circa)

Coniglio alla carlona, stufato, in umido, alla ligure, quanti nomi per una ricetta! Si pulisce e si taglia a grossi pezzi il coniglio tenendo da parte testa e fegato. Lo si lava sotto l’acqua e si sgocciola. In un coccio soffriggere a fuoco tenue in olio la cipolla, l’aglio, il sedano, i pinoli, le noci e gli odori (nel ponente fra gli odori si usa anche lo steccadò, un’erba aromatica simile alla lavanda). Quando dorano unire i pezzi di coniglio, regolando di sale e innaffiando col Dolceacqua, sino a farlo via via evaporare. Intanto in poca acqua con gli immancabili alloro-carota-sedano bollire testa e fegato (e le reni) dell’animale per una trentina di minuti, poi spolpare la testa e tagliare minutamente il fegato (alcuni soffriggono il fegato anziché bollirlo). Unire al coniglio in cottura, sempre a fuoco tenue, e usare il brodo per bagnare via via, affinché i pezzi restino umidi e non s’attacchino. A due terzi della cottura aggiungere anche le olive e terminare l’esecuzione. La polpa dovrà separarsi bene dagli ossi. Il piatto si serve col proprio sugo e “spolverato” di olive, con polenta di contorno. Ottimo come ragù, in Valle Arroscia con aggiunta di nocciole. L’abbinamento enologico migliore implica ovviamente il vino di cottura, qui il Dolceacqua. Se si usasse il Pigato, idem Pigato

Umberto Curti

Ligucibario

Storia e tradizione del coniglio alla ligure li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomiaLe più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

lunedì 27 settembre 2010

Buridda di seppie



Nella foto la meravigliosa buridda di seppie


Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)

1,5 kg di seppie, polpa di 6 pomodori San Marzano maturi, 4 hg di piselli freschi, 1 cipolla bianca tritata, 2 spicchi d’aglio tritati (+ facoltativo 1 intero), 2 cucchiai abbondanti di prezzemolo fresco tritato, 1 manciata di capperi desalati, un bicchiere di vino bianco secco, 1 dl di extravergine ligure, sale (e pepe) q.b.


Preparazione (tempo circa 1 ora e 15 minuti)

La buridda, piatto arabo-provenzale, è un umido. Le seppie, private di becco, osso, occhi e sacca del nero, ripetutamente lavate e poi battute, vengono affettate o – secondo la preferenza - tagliate a fettucce. Rosolano in una casseruola di coccio con olio e aglio. Quando si dorano s’aggiungono la polpa di pomodoro, il vino, il sale (e il pepe). Si lasciano a cuocere, coperte, per circa un’ora, a fuoco tenue, tenendo – se asciugassero troppo a causa dell’evaporazione del vino - un po’ di brodo pronto per l’emergenza. A metà cottura s’aggiungono i piselli e, al termine, il prezzemolo. La buridda si serve calda e succulenta su fette di pane abbrustolite (strofinate con aglio), è piatto unico, rituale, adorato lungo tutta la costa. V’è chi aggiunge pinoli, funghi secchi, acciughe salate, olive… L’abbinamento enologico prevede ad esempio un DOC riviera ligure di ponente Rossese

Storia e tradizione della buridda li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico della Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/