Che vino avvicinare alle 101 ricette sin qui proposte da Liguricettario (e che puoi tutte cliccare al link http://liguricettario.blogspot.com/2013/08/si-scrive-liguricettario-si-legge.html)? La risposta è già al termine d’ogni singolo testo pubblicato, ma eccoti di nuovo – caro lettore gourmet – l’elenco alfabetico delle ricette e il vino che le sposa… Trionfo delle DOC e delle IGT liguri! Vedrai che, caso per caso, si è praticato un abbinamento per contrasto, o per affinità, ma anche territorio e tradizione giocano un ruolo determinante...
Acciughe ripiene, Vermentino
Acciughe sotto sale, Vermentino (abbinamento difficile)
Agliata (salsa), abbinamento impossibile
Agnello con l’uovo, Golfo del Tigullio Rosso
Amaretti, vino passito (Sciacchetrà!)
Anicini, vino passito (Sciacchetrà!)
Baccalà al verde, Bianchetta
Baci di Alassio, vino passito (Sciacchetrà!)
Baciocca (torta), Vermentino
Bagnun di acciughe, Ormeasco Sciac-trà
Barbagiuai, Lumassina spumante
Battolli, Bianchetta
Bianco e nero d’agnello, Rossese riviera ligure di ponente
Biscotti caporali, vino passito (Sciacchetrà!)
Biscotti del Lagaccio, vino passito (Sciacchetrà!)
Brandacujun, Vermentino
Branzino al sale, Pigato
Budino di latte, Golfo del Tigullio Moscato (abbinamento difficile)
Buridda di seppie, Rossese riviera ligure di ponente
Canestrelli, vino passito (Sciacchetrà!)
Capponadda, abbinamento impossibile
Cappon magro, Vermentino
Capra e fagioli, Dolceacqua Rossese
Castagnaccio, Golfo del Tigullio Moscato
Castagne grasse, Granaccia
Ceci in zimino, Golfo del Tigullio rosso
Cima ripiena (alla genovese), Granaccia
Ciuppin, Ormeasco Sciac-trà
Cobeletti, vino passito (Sciacchetrà!)
Condiggion, Vermentino (abbinamento difficile)
Coniglio alla ligure, Pigato (ma Rossese se cucinato con Rossese)
Corzetti con la salsa di pinoli, Vermentino
Cubaita, vino passito (Sciacchetrà!)
Cuculli, Lumassina spumante
Farinata, Bianchetta
Favetta, Bianchetta
Fegato all’aggiadda, Rossese riviera ligure di ponente
Focaccia col formaggio, Vermentino
Focaccia (genovese), Vermentino
Fricassea di scorzonera, Pigato
Frisceu (frittelle) di baccalà, Lumassina spumante
Frittata di rossetti, Vermentino
Funghi e patate, Colline di Levanto Bianco
Gattafuin, Lumassina spumante
Imbrogliata di carciofi, abbinamento impossibile
Latte dolce fritto, Golfo del Tigullio Moscato
Lattughe ripiene in brodo, Ormeasco Sciac-trà
Lumache in zimino, Ormeasco Sciac-trà
Machetto, abbinamento impossibile
Marò (pesto di fave), abbinamento impossibile
Mes-ciùa, Ciliegiolo
Minestrone di verdure, Bianchetta
Moscardini affogati, Colline di Levanto Bianco
Muscoli ripieni, Ormeasco Sciac-trà
Natalini con le trippe, Granaccia
Orata coi carciofi, Pigato
Pan cotto, Ormeasco Sciac-trà (abbinamento difficile)
Pandolce basso, vino passito (Sciacchetrà!)
Panigacci, abbinamento in funzione dei salumi, o formaggi…
Panissa, Lumassina (spumante se fritta)
Pansoti, Bianchetta
Paté di polpo, Vermentino
Pesto di basilico, Pigato
Piccatiggio, Rossese riviera ligure di ponente
Pinolata, vino passito (Sciacchetrà!)
Polpettone, Bianchetta
Prescinsêua, abbinamento difficile
Quaresimali, vino passito (Sciacchetrà!)
Rattatuia, Ciliegiolo
Ravioli col tocco, Rossese riviera ligure di ponente
Reginette con l’uovo, Bianchetta
Riso arrosto, Golfo del Tigullio Rosso
Riso e preboggion, Vermentino
Riso in cagnone, Ormeasco
Sacripantina, Golfo del Tigullio Moscato (abbinamento difficile)
Salsa di noci, Bianchetta (abbinamento difficile)
Salsa di pinoli, Bianchetta (abbinamento difficile)
Sardenaira, Ormeasco Sciac-trà
S-ciumette, vino passito (Sciacchetrà!)
Scorze d’arancia candite, vino passito (Sciacchetrà!)
Sgabei, Lumassina spumante
Sgombri e piselli, Vermentino
Spongata, vino passito (Sciacchetrà!)
Stecchi alla genovese, Golfo del Tigullio Rosso
Stoccafisso accomodato, Ciliegiolo
Stocche e bacilli, Vermentino
Tacchino alla storiona, Dolceacqua Rossese
Tegame di Vernazza, Vermentino
Testaroli, Vermentino
Tomaxelle, Rossese riviera ligure di ponente
Tonno sulla ciappa, Pigato
Torta Pasqualina, Vermentino
Torta di riso rossa, Ormeasco Sciac-trà
Totani ripieni, Ormeasco Sciac-trà
Tramezzino zeneize, Bianchetta
Trippe accomodate, Ciliegiolo
Verdure ripiene, Lumassina
Vitella all’uccelletto, Rossese riviera ligure di ponente
Zembi con l’arzillo, Vermentino
Zeraria, Rossese riviera ligure di ponente
Zuppa di muscoli, Ciliegiolo.
Umberto Curti, Ligucibario
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sabato 4 gennaio 2020
venerdì 19 novembre 2010
Acciughe ripiene
Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)24 acciughe fresche, 100 g di lattuga, 1 ciuffo di prezzemolo o altro odore, 1 spicchio d’aglio di Vessalico, 30 g di capperi, 2 uova, 30 g di formaggio pecorino grattugiato, 50 g di pane grattugiato, olio d’oliva o monoseme (abbondante) per la frittura, sale q.b.
Preparazione (tempo totale 1 ora)La ricetta ricorda le sarde a beccafico siciliane. Con attenzione pulire i pesci. Via la testa, aprirli a cotoletta, diliscarli, di nuovo lavare bene sotto un getto d’acqua, lasciarli per un po’ nel colino, infine asciugarli tamponando piano con carta tipo scottex. Lavare e asciugare la lattuga, tritarla, e “saltarla” a fuoco basso per un paio di minuti in un tegame, senza nient’altro. Lavorarla in una capace ciotola con prezzemolo tritato, aglio e capperi scolati, aiutandosi con un uovo, poi unire il formaggio e il sale ricavando un amalgama compatto, di bella consistenza (ove occorra unire anche un poco del pan grattato, o di mollica ammorbidita nel latte). Ripartire uniformemente questa farcia su tutta la lunghezza delle acciughe, pressandovi sopra le altre acciughe. Passare i pesci nell’altro uovo già sbattuto e quindi nel pan grattato, serrandoli con cura in modo che l’involucro sia coeso, la farcia non fuoriesca… Friggere un po’ alla volta in olio profondo e caldo, pochi minuti per lato. Quando saranno dorate (invitantissime!), toglierle dalla padella e far assorbire il loro olio residuo su carta da cucina. Servire bollenti. V’è chi le cucina al forno, in teglia unta, 180° per dieci minuti. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Val Polcevera Vermentino, o un IGT Colline Savonesi spumantizzato
Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione delle acciughe ripiene li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/
giovedì 11 novembre 2010
LIGURIA NEL PIATTO E NEL BICCHIERE: CIMA ALLA GENOVESE E ROSSESE DI DOLCEACQUA

Di cima alla genovese su Liguricettario avete letto qualche settimana fa, quando è apparso sul blog il post dedicato alla preparazione di questo caposaldo della cucina regionale.
Ritorniamo oggi sull'argomento per raccontare di un suo possibile abbinamento enologico - un "matrimonio di amore" a tutta Liguria - con il più francese dei vini liguri, il Rossese di Dolceacqua.
Protagonista di una struggente canzone di Fabrizio De Andrè, la cima alla genovese è piatto storico della gastronomia ligure: lo si trova declinato in numerose varianti su tutto l'arco regionale, dalla quantità/qualità di verdura nel ripieno sino alle tipologie di "contenitore", erede sempre e comunque dell'antichissima tradizione delle galantine (lo prefigura persino Apicio, il gourmet della Roma imperiale, nel suo pollo ripieno). E in Francia gustiamo la poitrine de veau farcie...
La versione genovese è più ricca di carne nel ripieno (i soliti zeneizi... spendaccioni) che gonfia "u lampu", la tasca di vitello.
Ben si sposa con un Rossese Dolceacqua DOC, vino da tutto pasto, di beva non impegnativa soprattutto nella tipologia base: lo riconosci dal colore rubino chiaro e dagli aromi intriganti di rosa e fragola, che sovente preludono alla nota amarognola di catrame (il mitico goudron).
L'abbinamento tra Rossese di Dolceacqua e cima genovese sarà il protagonista del prossimo Vinerdì: il 12 novembre il ciclo di conferenze degustazioni organizzate da Ligucibario e guidate dall'etnogastronomo Umberto Curti verterà proprio sulla DOC "più antica" (1972) della Liguria. Giungerà così al termine, dopo una lieta galoppata fra tutte le 8 DOC regionali, sarà anche l'occasione per un arrivederci ai prossimi progetti.
Per ulteriori dettagli cliccate Liguvinario.
Buon abbinamento!
Ligucibario & Liguvinario
Venerdì 12 novembre, alle ore 20.00, la Pasticceria Robbiano e Ligucibario “stappano”, sempre in via Don Orione 21 a Genova, l’ottavo e per ora conclusivo Vinerdì, dedicato alla importante DOC Rossese di Dolceacqua.
Si degusteranno, sotto la guida dell’etnogastronomo Umberto Curti, il Dolceacqua base in abbinamento alla cima genovese e il Dolceacqua Superiore in abbinamento a salumi di Mele in Valle Stura. Una bella coppa di Moscato DOC Tigullio per i brindisi con la torta di pinoli e l’arrivederci a nuovi cicli d’incontri.
La serata, che “unisce” gusti e tradizioni, è un nuovo appuntamento all’insegna della convivialità e della cultura. Il dott. Diego Portaluppi intratterrà i presenti con una breve conversazione sul castello dei Doria a Dolceacqua.
Il Vinerdì DOC Rossese di Dolceacqua è proposto a 19 euro. Info e prenotazioni in pasticceria (010 504122), e su http://www.ligucibario.com/ “contattaci” (010 5299905).
CALENDARIO COMPLETO DELLA MANIFESTAZIONE
§ vinerdì 18 giugno, la DOC Val Polcevera
§ vinerdì 2 luglio, la DOC Golfo del Tigullio
§ vinerdì 30 luglio, la DOC Cinque Terre
§ vinerdì 17 settembre, la DOC Riviera ligure di ponente
§ vinerdì 1 ottobre, la DOC Colline di Levanto
§ vinerdì 22 ottobre, la DOC Ormeasco di Pornassio
§ vinerdì 4 novembre, la DOC Colli di Luni
§ vinerdì 12 novembre, la DOC Rossese di Dolceacqua.
Tegame di Vernazza (acciughe e patate al forno)
Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità) 1 kg di acciughe fresche, 700 g di patate (Bologna...), 6 pomodori maturi, 1 ciuffo di prezzemolo fresco, 2 spicchi d’aglio di Vessalico, 1 bicchiere di vino bianco secco, olio extravergine ligure. Non dovrebbe servire sale
Preparazione (tempo 1 ora) Pulire - delicatamente ma meticolosamente - , diliscare e aprire le acciughe, poi sbucciare, lavare e affettare le patate (spessore max circa 1 cm). Realizzare un trito fine di aglio e prezzemolo, e ungere una teglia a bordi alti. Porvi dentro, a strati, patate (asciutte), acciughe, trito, bagna di pomodori a pezzi, in ultimo ancora qualche acciuga ed eventuale aglio tritato. Irrorare col vino bianco e l’olio e ricoprire con la carta stagnola. Forno preriscaldato (200°) per circa 30 minuti. E’ ricetta antica, nel Cinquecento si preparava nel coccio (ovviamente senza pomodori). L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Colli di Luni Vermentino
Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del tegame di Vernazza li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/
martedì 2 novembre 2010
Scorze d’arancia candite
Ricetta (ingredienti e quantità)Mezzo kg di bucce d’arance non grosse e non trattate, mezzo kg di zucchero, acqua
Preparazione (tempo 10+15 minuti circa)Porre in un coccio le bucce, tenendole in ammollo nell’acqua per 3 giorni, sostituendo spesso l’acqua (2-3 volte al giorno attenuerà l’amaro). Tagliarle a pezzetti avendo cura di rimuovere la parte bianchiccia, ormai gonfia e facilmente asportabile. Bollirle alcuni minuti in un tegame capiente con lo zucchero (2 parti di zucchero per ogni parte d’acqua), a fiamma tenue, altrimenti s’attaccano, lo zucchero si scurisce e caramella. La soluzione diverrà via via più saturata. A cottura ultimata, toglierle dal tegame, raffreddarle e imbarattolarle in vetro o latta – chiuse si conservano a lungo - . Oltre a consumarle a fine pasto a mo’ di marmellata e ad utilizzarle in pandolci, cassate e mostarde, le scorze candite (cioè candide) sono entusiasmanti con alcune carni lesse e con alcuni formaggi. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Cinque Terre Sciacchetrà, ma taluni accompagnano moscato
Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione delle scorze d’arancia candite li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/
Preparazione (tempo 10+15 minuti circa)Porre in un coccio le bucce, tenendole in ammollo nell’acqua per 3 giorni, sostituendo spesso l’acqua (2-3 volte al giorno attenuerà l’amaro). Tagliarle a pezzetti avendo cura di rimuovere la parte bianchiccia, ormai gonfia e facilmente asportabile. Bollirle alcuni minuti in un tegame capiente con lo zucchero (2 parti di zucchero per ogni parte d’acqua), a fiamma tenue, altrimenti s’attaccano, lo zucchero si scurisce e caramella. La soluzione diverrà via via più saturata. A cottura ultimata, toglierle dal tegame, raffreddarle e imbarattolarle in vetro o latta – chiuse si conservano a lungo - . Oltre a consumarle a fine pasto a mo’ di marmellata e ad utilizzarle in pandolci, cassate e mostarde, le scorze candite (cioè candide) sono entusiasmanti con alcune carni lesse e con alcuni formaggi. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Cinque Terre Sciacchetrà, ma taluni accompagnano moscato
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domenica 31 ottobre 2010
Amaretti
Ricetta (ingredienti e quantità)Mezzo kg di zucchero, 250 g di mandorle dolci e 250 g di amare (armelline), 80 g di nocciole, 2 cucchiai di farina 00, gli albumi di 5 uova, 80 g di zucchero a velo
Preparazione (tempo 1,5 ore)In forno ben caldo (200°) tostare le nocciole, poi raffreddarle. Sbollentare le mandorle così da poterle pelare agevolmente, sgusciarle e porle nel mortaio (o nel mixer), battendole un po’ per volta con lo zucchero e le nocciole. Secondo preferenze, il trito può esser realizzato più grossolano oppure molto fine… Setacciare e mettere il residuo in un’ampia ciotola contenente già gli albumi montati a neve. Lavorare piano con un mestolino di legno o una spatolina di gomma, quindi incorporare la farina e ricavare un impasto tenue, soffice, ma non molle. A mani umide farne dei mucchiettini semisferici – una cucchiaiata ciascuno - e disporli su una placca infarinata, a distanza di 2-3 cm l’uno dall’altro. Pressarli col dorso del cucchiaio e spolverarli con lo zucchero a velo, quindi lasciarli riposare un’oretta o più. Andranno in forno abbastanza caldo (170° o anche meno, alzando un po’ alla fine), saranno pronti quando visivamente tenderanno a brunire, circa 15 minuti, oltre seccherebbero, si consideri che fuori forno induriranno comunque ancora un po’. Si degustano freddi (all’ora del thé!), e si conservano per lungo tempo in scatole di latta chiuse ermeticamente. Si dice che gli amaretti dàtino dal Rinascimento. Possono essere secchi (mandorla non inferiore al 13%) o morbidi (35%). V’è chi aggiunge all’impasto cioccolato fondente sciolto a bagnomaria. Si prestano a preparazioni artigianali e industriali, ed entrano nel fritto misto e nei tortelli di zucca mantovani. In Liguria il secolo XIX vide un’abbondanza di mandorle, che solleticò gli ingegni affinché l’opportunità di tanta dovizia non venisse sprecata. Nella tradizione ebraica il mandorlo simboleggia la vita che rinasce, che rinnova, in quanto primo albero a fiorire in primavera. L’abbinamento enologico è sempre un passito
Umberto Curti
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giovedì 28 ottobre 2010
RICETTE IMPERIALI E LIGURIA D'OGGI NEL VIAGGIO IN TV DI "TEMPO MEDITERRANEO"
Sono stato ospite di Paolo Zerbini alla piacevole trasmissione Viaggio in Liguria, in onda su Primocanale il 27 ottobre alle ore 21, format televisivo dedicato alla cultura locale, turismo gastronomia territori. Intorno al tavolo, oltre al conduttore e a me, la signora Carla Viale dello Studio Viale von der Goltz (Pubbliche Relazioni), l’artista Stefano Agosta, attivo fra il castello cinquecentesco di Santa Margherita e palazzo Cattaneo Adorno in via Garibaldi a Genova, Luca Costi, amministratore delegato di LiguriaStyle.it (esposizione e shop dell’artigianato artistico ligure), infine i responsabili di Zanini Alimentare, azienda dello spezzino che ha messo a punto e commercia una convincente farinata preparabile in 20 minuti a casa propria. Come si suol dire, mi sono goduto la compagnia e il cibo, abbinato a 4 vini liguri d’eccellenza: il DOC riviera ligure di ponente Pigato “Le Petraie” 2009 (Lupi), il DOC Colli di Luni Vermentino “Etichetta nera” 2008 (cantina Lunae di Paolo Bosoni), il DOC Golfo del Tigullio Ciliegiolo 2008 (F.lli Parma), infine l’IGT Colli Savonesi Granaccia 2009 (Durin). Nel corso della serata ho avuto anche il piacere di accennare all’uscita del mio ultimo lavoro, Tempo mediterraneo. Quel che resta di Apicio in cucina. Il libro, pubblicato dal piccolo ma dinamico editore La Vigna di Hui Neng, analizza l’opera e soprattutto l’epoca di Apicio, buongustaio vissuto sotto Tiberio, e figura-chiave per uno straordinario viaggio nella cucina di Roma imperiale. Il suo Manuale di gastronomia – ricettario sorprendente, da testare e reinterpretare - rappresenta anche il miglior “dizionario” per partecipare alla cena di Trimalcione, nel Satyricon di Petronio Arbitro, evento di poco posteriore, e banchetto fra i più famosi d’ogni tempo. Infatti dalla gastronomia romana, pur talora eccessiva per forme, quantità e sovrapposizioni d’ingredienti, ci giunge tuttora il profumo di un Mediterraneo che – caso per caso – sa privilegiare l’olio, i cereali, i pesci, le verdure… Un’arte culinaria che, attraverso venti secoli, si perpetua anche nella fragrante cucina ligure di oggi, tramite legami fortissimi, e si propone nel libro – pagina dopo pagina - a tutti gli appassionati di cibo (e storia) liguri, italiani e stranieri. Per tutti gli interessati, il volume, del costo di € 17, è già prenotabile su info@ligucibario.com.
Buona lettura a tutti!
Buona lettura a tutti!
venerdì 22 ottobre 2010
Pinolata (pignolata)
Ricetta per 6-8 persone (ingredienti e quantità)50 g di armelline (mandorle amare) e 50 g di dolci, 2 albumi, 250 g di zucchero semolato, 1 presina di carbonato d’ammoniaca, pinoli italiani a volontà (200 g), burro per la tortiera
Preparazione (tempo 1 ora)
Battere mandorle e zucchero sino a ricavare una polvere fine, trasferire in un’ampia ciotola e aggiungere gli albumi sbattuti a neve e il carbonato, mescolando bene, lentamente, e ottenendo un amalgama denso. Con un cucchiaio deporlo dentro una teglia rotonda già unta di burro, livellarlo (spessore 2-3 cm) e ricoprirlo di pinoli a volontà (+ qualche fiocchetto di burro). In forno già caldo a 180° fino a quando acquisirà un colore dorato-ambrato. L’impasto può anche essere deposto dentro la teglia fasciata da pasta frolla, coi bordini alzati tutt’attorno e arricciati (usando i rebbi della forchetta), ottenendo una arcinota “torta della nonna”. In Liguria la più nota è forse quella dell'Aveto. L’abbinamento enologico, comunque, è sempre un passito a bacca bianca
Umberto Curti
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mercoledì 20 ottobre 2010
Cubaita
Ricetta (ingredienti e quantità)Farina, acqua, albume, 4 hg di miele d’acacia o millefiori, 5 hg di nocciole (o noci), scorze d’arancia o di limone
Preparazione (tempo pochi minuti)Dolci antichi e natalizi dell’imperiese, a Siena prendono il nome di copate, ma qubbat significa in arabo “mandorlato”, infatti il dolce è presente anche in Sicilia, nel Salento, a Roma... Preparare alcune cialde – tipo ostie - semplicemente con acqua e farina in parti uguali, pochissimo sale, pochissimo zucchero, pochissimo albume a neve. Per il ripieno sciogliere un miele (delicato) su fuoco tenue, incorporando le nocciole e le scorze d’arancia, entrambe tritate non finemente. Ottenere un composto sodo e croccante, porlo fra due cialde e schiacchiare con un peso. Si possono incidere con pinze a dischetto, raffigurando stemmi ed altro. Un tempo la frutta secca si tostava sulle stufe, e il miele poteva essere zucchero caramellato. L’abbinamento enologico suggerito è sempre un passito a bacca bianca
Umberto Curti
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Preparazione (tempo pochi minuti)Dolci antichi e natalizi dell’imperiese, a Siena prendono il nome di copate, ma qubbat significa in arabo “mandorlato”, infatti il dolce è presente anche in Sicilia, nel Salento, a Roma... Preparare alcune cialde – tipo ostie - semplicemente con acqua e farina in parti uguali, pochissimo sale, pochissimo zucchero, pochissimo albume a neve. Per il ripieno sciogliere un miele (delicato) su fuoco tenue, incorporando le nocciole e le scorze d’arancia, entrambe tritate non finemente. Ottenere un composto sodo e croccante, porlo fra due cialde e schiacchiare con un peso. Si possono incidere con pinze a dischetto, raffigurando stemmi ed altro. Un tempo la frutta secca si tostava sulle stufe, e il miele poteva essere zucchero caramellato. L’abbinamento enologico suggerito è sempre un passito a bacca bianca
Umberto Curti
Storia e tradizione della cubaita li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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Baci di Alassio (SV)
Ricetta (ingredienti e quantità)
750 g di nocciole (del Piemonte), 600 g di zucchero, 5 albumi (circa 150 g), 75 g di cacao amaro, 75 g di miele, 200 g di panna liquida, 200 g di cioccolato fondente
Preparazione (15-20 minuti tranne il riposo dell’impasto)
Tostare in forno le nocciole e pestarle con lo zucchero, poi unirle delicatamente agli albumi montati a neve, al cacao, al miele. Ottenere una pasta soffice, spalmabile. Colmare un sac à poche a punta rigata e colando il composto realizzare sulla teglia, foderata di carta da forno, delle roselline (diametro 4 cm) che riposeranno così una nottata e poi andranno in forno a 200° per una decina di minuti. Staccarle dalla teglia solo una volta freddate. Bollire la panna e unirvi il cioccolato fondente già sciolto a bagnomaria, omogeneizzando bene il tutto tramite una frusta. Con la crema, saldare due a due le roselline. Come noto, i baci di dama sono pastafrolle, con nocciola tritata finissimamente, saldate a freddo da cioccolato sciolto a bagnomaria – usando cacao amaro - , forse originarie di Tortona (1893, pasticceria Zanotti), nel Basso Piemonte alessandrino, se ne trovano anche in Liguria, ma sparsamente, ad es. a Sassello (SV). Il nome allude al bacio delle due semisfere e/o alla bocca, che mangiandoli pare baciarli. I baci di Alassio sono una storica e squisita ricetta di baci al cioccolato della Pasticceria Balzola, nel centro storico, non lontana dal celebre muretto degli artisti “ideato” da Ernest Hemingway e presso il quale s’incorona ogni anno una Miss. Li brevettò nel 1919 Valentino, maestro liquorista alle dipendenze della Martini&Rossi, poi li perpetuò degnamente il figlio Rinaldo, pasticcere alle dipendenze dei Savoia. L’abbinamento enologico è sempre un passito, stavolta anche a bacca nera
Umberto Curti
Storia e tradizione dei baci di Alassio li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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giovedì 14 ottobre 2010
Stoccafisso accomodato
Il trionfale stoccafisso accomodato
Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)
Preparazione (tempo circa 3 ore)
La ricetta è un pesce “conciato”, in addobbo, uno stufato in umido. Le patate vi entrarono – ovviamente - solo dalla fine del ‘700. Sbollentare 20 minuti lo stoccafisso (in acqua e qualche goccia d’aceto) per spellarlo e diliscarlo più agevolmente, quindi tagliarlo in tocchi. Sbucciare le patate e tagliarle anch’esse in tocchi. Nel coccio rosolare un trito di aglio carota cipolla prezzemolo, mescolando, e dopo qualche minuto unire i capperi, le olive e il pesce, infine la polpa di pomodori. Proseguire la cottura a fuoco moderato e coprendo col coperchio, via via sfumando con un poco di vino bianco secco. Dopo circa un paio d’ore unire le patate, sempre mescolando e aggiustando di sale, coprire e terminare la cottura, aggiungendo via via - ove occorra - un poco d’acqua. Il piatto si degusta caldo. La presenza di eventuali biete avvicinerebbe il piatto allo zimino, ma v’è anche chi in cottura aggiunge acciughe, pinoli, uvetta, funghi secchi… L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Colli di Luni Vermentino, o – per la presenza del pomodoro - un DOC Ormeasco sciac-trà (rosato). Si rammenti, anche in senso organolettico, che lo stoccafisso (dono quattrocentesco delle Lofoten) è gadus morhua essiccato, il baccalà è gadus morhua sotto sale (peraltro il noto baccalà alla vicentina è in realtà stoccafisso...)
Umberto Curti
Storia e tradizione dello stoccafisso accomodato li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/
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mercoledì 13 ottobre 2010
Tramezzino “zeneize” (genovese)
Ricetta (ingredienti e quantità)
Pane in cassetta tagliato a triangoli, tonno sgocciolato, maionese, foglie di lattuga
Preparazione (tempo pochi minuti)
Semplice, ma squisito sandwich da bar, l’esecuzione richiede pochi minuti e non presenta difficoltà di sorta. Spalmare di un velo di maionese il pane in cassetta (eventualmente privato dei bordi), e disporvi sopra le foglie di lattuga precedentemente lavate e un tonno di buona qualità, sgocciolato (l’olio di conserva rende il tramezzino meno digeribile). Alcuni “rinnovano” la ricetta aggiungendo un trito di capperi desalati, tipo salsa tonné. Eviterei le uova sode in quanto sovrastate dagli altri sapori…L’abbinamento enologico prevede un bianco di valida acidità e sapidità, ad esempio un DOC Golfo del Tigullio Bianchetta
Umberto Curti
Storia e tradizione del tramezzino zeneize li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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Umberto Curti
martedì 12 ottobre 2010
Pandolce genovese (basso)
Il profumato pandolce genovese basso
degustato nei Vinerdì di Robbiano e Ligucibario
in abbinamento allo Sciacchetrà della DOC Cinque Terre
Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)
Mezzo kg di farina 00, 150 g di zucchero, 175 g di burro, 2 uova (di più indurirebbero l’impasto), 50 g di miele d’acacia, mezzo bicchiere di latte intiepidito, 25 g di lievito secco in polvere, 200 g di uva passa sultanina, 100 g di zest d’arancia/cedro a dadini, 30 g di pinoli italiani, una presina di vaniglia, aroma di limone, semi di finocchietto, qualche goccia di marsala come nel fagoccio alassino (facoltativa)
Preparazione (1,5 ore)
Nella classica fontana di farina impastare zucchero, vaniglia, aroma di limone (in gocce, oppure la scorza grattugiata), uova, miele, burro ammorbidito, realizzando un composto omogeneo, anche aiutandosi con qualche goccia d’acqua tiepida. Premere sul piano di lavoro così da non creparlo. Unire il latte tiepido, poi “distribuire” uvetta, pinoli, zest, infine aggiungere il lievito e lavorare con cura amalgamando l’insieme. Modellare il pandolce un po’ come una pagnotta tonda e, su una teglia imburrata e spolverizzata di farina fine, metterlo in forno caldo (170-180°) per un’oretta – attenzione perché può cuocer fuori e restar crudo dentro - . Si mangia e si dona, ritualmente, a Natale. L’indomani è ancora meglio, e le fette avanzate si biscottano. La versione bassa, qui eseguita, sorta di pastafrolla da baking, è più recente dell’altra, che lievita col crescente naturale. L’abbinamento enologico è sempre un passito
Umberto Curti
Storia e tradizione del pandolce genovese (Genoa cake) li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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Umberto Curti
domenica 10 ottobre 2010
Ravioli alla genovese
I soavi ravioli
di una rosticceria di Genova
Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)
250 g di vitello magro, 4 mazzi di scarola (300 g), 1 mazzo di borragine (200 g), 100 g di maiale magro, 150 g di tettina bovina, 50 g di laccetti (animelle) * , 100 g di cervella, 30 g di schienali, 70 g di salsiccia, 4 uova e direi non di più, mollica di un panino inzuppata nel brodo, brodo (di carne), 3-4 cucchiai di parmigiano grattugiato, persa (maggiorana), sale q.b.
* il morbo di mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina) aveva ovviamente vietato le frattaglie e interiora di quinto quarto. Tenersi informati protegge la salute!
* il morbo di mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina) aveva ovviamente vietato le frattaglie e interiora di quinto quarto. Tenersi informati protegge la salute!
Preparazione (tempo variabile in funzione del riposo dell’impasto)
La farcia si prepara facendo bollire 5 minuti scarole e borragine già pulite e lavate, quindi strizzandole. Intanto si taglia a tocchetti tutta la carne (salsiccia esclusa) e si dora nel burro, unendo verso fine cottura – per ultimi – la cervella e i filoni (schienali) già puliti e ammollati. Porre tutto sul tagliere e tritare ben bene, poi battere nel mortaio, a questo punto aggiungere la salsiccia anch’essa sbriciolata a pezzetti e amalgamare in un’ampia ciotola con le uova sbattute, la mollica già inzuppata, una presa di parmigiano, la persa, il sale quanto basta. Mescolare accuratamente col mestolino di legno e far riposare al fresco, no frigo. Uno strato di farcia alto circa 1 cm va ora steso su una sfoglia sottile (mezzo kg abbondante di farina '0', 3 uova, un po’ d’acqua e un pizzico di sale), coprendo con un’altra sfoglia, anch’essa di giusta consistenza. Saldare, e ricavare con la rotellina i ravioli nella loro classica forma squadrata e dentata. Far asciugare un paio d’ore. Bollirli poco per volta (una decina di minuti max) in acqua salata, infine condire con tocco * di carne cotto 3 ore a fuoco lento (o sugo d’arrosto bianco) e parmigiano grattugiato. Se si fanno in brodo, vanno tagliati un po’ più piccoli. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC riviera ligure di ponente Rossese
* pezzo intero ("reale" di carne bovina), indica il sugo, nel quale appunto cuoce a lungo con aromi, sino ad acquistare un colore di oro. Le donne di un tempo lo facevano leggermente attaccare sul fondo, in quanto il sapore di “scutizzo” (bruciacchiato) non dispiaceva. Verrà filtrato prima di condire la pasta o i ravioli, e il pezzo – morbido e gustoso - sarà variamente utilizzato. Anticamente, a Capodanno il sugo si faceva con ossette di maiale, simbolo di ricchezza, e condiva anche polenta (balsamica nei mesi freddi)
Umberto CurtiStoria e tradizione dei ravioli alla genovese li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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* pezzo intero ("reale" di carne bovina), indica il sugo, nel quale appunto cuoce a lungo con aromi, sino ad acquistare un colore di oro. Le donne di un tempo lo facevano leggermente attaccare sul fondo, in quanto il sapore di “scutizzo” (bruciacchiato) non dispiaceva. Verrà filtrato prima di condire la pasta o i ravioli, e il pezzo – morbido e gustoso - sarà variamente utilizzato. Anticamente, a Capodanno il sugo si faceva con ossette di maiale, simbolo di ricchezza, e condiva anche polenta (balsamica nei mesi freddi)
Umberto CurtiStoria e tradizione dei ravioli alla genovese li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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Minestrone di verdure
Il bel minestrone alla genovese (coi "brichetti")
Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)
400 g di pasta (in genere vermicelli, brichetti, maccheroncini rigati o lisci, tagliatelle, scuccusùn, corzetti), 150 g di cavolo cappuccio, 2 zucchine, 1 melanzana, 100-150 g di fagioli freschi sgranati, 50-100 g di fagiolini, 2 pomodori, 30 g di pinoli, 2 acciughe salate, un mazzetto di basilico/1-2 cucchiai di pesto genovese, 3 spicchi d’aglio, olio extravergine ligure, sale q.b.
Numerose varianti prevedono patate (se schiacciate addensano), piselli, zucca… Mai usare bietole
Preparazione (tempo 2 ore abbondanti)
Tagliare fine a listarelle il cavolo, e a dadini la melanzana, lasciandoli per un’ora nell’acqua. Poi bollirli in 2 litri d’acqua salata e dopo qualche minuto unire le zucchine a fettine, i fagiolini, i fagioli (benissimo i borlotti), i pomodori spellati, svuotati dei semini e tagliati anch’essi. Pestare e sminuzzare nel mortaio le acciughe, il basilico, l’aglio e i pinoli (+ eventuali funghi secchi ammollati), stemperando via via con olio e acqua tiepida. Dopo un paio d’ore buttare nel minestrone il battuto e la pasta prescelta, mescolando per una decina di minuti. Servire tiepido, senza sovrastarlo con troppo parmigiano.
Nota bene: se senza battuto, si può aggiungere a fuoco spento una cucchiaiata o due di pesto (preparato di solito senza pinoli). Il minestrone è un piatto in prevalenza primaverile e autunnale, salubre, NON prevede soffritti né lardo, quello che avanza si può l’indomani affettare e friggere.
Era la ghiottoneria number one con cui i catrai e le “spezzine” (trattorie galleggianti su chiatte) affiancavano le navi all’àncora nel porto di Genova: quei “soccorritori” si chiamavano Ruscin, Dria… Il segreto consiste, durante la lunga cottura delle molte verdure nell’acqua (all’inizio fredda, poi arricchita da un filo d’olio e da una crosta di parmigiano raschiata), nello schiacciarne via via una parte aiutandosi con schiumarola e cucchiaio, parte che ritorna in pentola “passata”, come addensante naturale, insaporendo il minestrone. Gradito da alcuni il sapore di “scutizzo” (bruciacchiato).
L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Val Polcevera Bianchetta
Storia e tradizione del minestrone di verdure li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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venerdì 8 ottobre 2010
Focaccia col formaggio
Ricetta (ingredienti e quantità)
1 kg scarso di farina Manitoba/di grano duro, 500 g o anche più di crescenza veramente fresca, 4-5 dl di acqua, 120-150 g di olio extravergine ligure, sale q.b.
Preparazione * (tempo 15 minuti ma variabile in funzione del riposo dell’impasto)
Impastare due parti di farina con una di acqua (no sale) e ottenere col matterello due sfoglie veramente sottili e lisce, morbide, elastiche, che riposeranno coperte qualche ora (18-20°). Porne una in un tegame (di rame) già unto, cautelandosi che non resti aria sottostante. Spezzettare grossolanamente la crescenza (formaggio vaccino) e distribuirla – a mucchietti grossi come noci - sulla sfoglia, quindi chiudere sopra con l’altra sfoglia. Con la rotella serrare tutt’attorno i bordi, eliminare il surplus, e bucare la superficie ottenendo alcuni camini di circa 1 cm per far fuoriuscire l’umido. Una spruzzata conclusiva d’olio e sale, poi forno (ideale sarebbe quello a legna), fino a quando la focaccia apparirà dorata, non bruciata. Occorrono mediamente 5 minuti a 300°. I più tradizionalisti la cucinavano sulla ciappa utilizzando formaggi ovini. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio bianco
* da quando la cosiddetta "focaccia di Recco col formaggio" è divenuta IGP (nella foto il marchio identificativo), un disciplinare che alcuni anni fa ha generato qualche situazione controversa, ne vincola la preparazione ai soli Comuni di Recco, Avegno, Camogli, Sori. Pertanto, al di fuori di questi, è vietato usare espressioni legate al toponimo, compresa la dicitura "tipo Recco"
Umberto CurtiStoria e tradizione della focaccia col formaggio li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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Umberto Curti
giovedì 7 ottobre 2010
Torta Pasqualina
Il "sistema solare" delle uova nella torta Pasqualina di una rosticceria, Genova
Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)
Per la sfoglia: 800 g di farina (50% di '00' e 50% di una farina forte), 2 cucchiai d’olio extravergine ligure, acqua, sale q.b.
Per la farcia: 1,5 kg di biete (ancor meglio ove unite ad altre erbette), ¾ di una ricotta (o prescinseua), 8 uova, 1 bicchiere d’olio extravergine ligure, 60 g di burro, 100 g di parmigiano grattugiato, persa (maggiorana) tritata, sale q.b.
Preparazione (tempo 2,5 ore)
Ti propongo un'esecuzione "difficile", con parecchie sfoglie (benché 33 non significasse gli anni di Cristo, bensì 3 sfoglie sopra e 3 sotto...).
Lavorare la farina con acqua, olio e sale, ottenendo un amalgama soffice e liscio. Dividerlo in una dozzina di parti, da conservare coperte al fresco, un’oretta. Le bietole, pulite da ogni “scarto”, tagliate molto fini vanno in casseruola con un minimo d’olio e sale, senza cuocerle troppo perché poi ripasseranno in forno. Tolta l’acqua, condirle con parmigiano, sale e persa (non eccedere), dopo di che "sciogliere" e lisciare la ricotta o la prescinseua con una frusta onde non presenti grumi. Con il matterello, dalle parti di impasto ricavare dei “veli” di sfoglia sottilissimi e adagiarne uno sul fondo unto di un tegame tondo da torte (diametro 30 cm), ungerlo e via via, procedendo così, porre sopra altre cinque sfoglie. La sfoglia si allunga con le mani ed è normale che l’eccesso fuoriesca dal tegame. Non ungere l’ultima sulla sommità, che ora riceve l’amalgama delle biete. Spruzzare d’olio e riversare sulle biete la crema di ricotta o la prescinseua sciolta. Livellare e ricavare col dorso di un cucchiaio 8 “avvalli” (goghe) in ciascuno dei quali scocciare e tuffare in bellavista – con un fiocchetto di burro – un tuorlo intero, formaggio e sale. Spalmare tutta la superficie con gli albumi. Distendere sulla torta i sei ulteriori veli di sfoglia, sempre unti, soffiando sotto con una cannuccia per ondularli, prima di terminare tagliando (con coltello o forbice) il surplus laterale e sigillando tutta la pasta sui bordi a mo’ di cordoncino. Spruzzare ancora d’olio, sforellare, infornare un’oretta scarsa a forno non aggressivo (170°). La Pasqualina si degusta calda, tiepida o fredda, ma non tagliarla mai da calda. L’abbinamento enologico suggerito per quest’antica “gattafura” * è ad es. un DOC Colli di Luni Vermentino
* che ovviamente, per stagionalità, non poté nascere di carciofi... Il termine "cappuccina" potrebbe riferirsi a pasqualine in cui la prescinseua è mescolata anziché sovrapposta alla farcia, ma non v'è certezza...
Umberto Curti
Storia e tradizione della torta Pasqualina li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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martedì 5 ottobre 2010
Torta di riso (rossa)
una sciamadda, Genova
Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)3 hg di riso, 400 g di farina per le sfoglie * , 2 cucchiai di extravergine ligure (no burro), 200 g di prescinseua, 15 g di funghi secchi ammollati in acqua tiepida, 100 g di parmigiano o grana padano grattugiato, salsa di pomodoro, cipolla, prezzemolo, sale q.b.
* suggerisco sempre 50% farina '00' e 50% farina di forza
Preparazione (tempo 1 ora abbondante)
Bollire il riso in acqua salata, colarlo al dente, e soffriggerlo nell’olio con un trito fine di cipolla, prezzemolo e funghi. Rimestare con cura per qualche minuto, togliere dalla fiamma e unire il formaggio e un poco di salsa di pomodori (alcuni aggiungono 2-3 uova). Rimestando ancora regolare di sale e lasciar freddare. Intanto confezionare nel modo consueto – con farina e acqua - quattro sfoglie sottili sottili. Stenderne due sul fondo di un tegame unto. Versarvi sopra il composto, alto un paio di cm e ben livellato, e poi lo strato di prescinseua. Coprire con le restanti due sfoglie e serrare tutt’intorno realizzando a mano con la pasta traboccante un bordino arricciato. Aspergere nuovamente d’olio tutta la torta e infornarla per circa 45 minuti, di cui 30 minuti a 240° e 15 minuti a 200°, cautelandosi affinché non secchi (ognuno si basi sul proprio forno). S‘impiatta tiepida, tagliata a rombi… L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Colli di Luni Bianco. Genova era nell’Ottocento la capitale dell’export di riso. Questa torta, infatti, si presenta in Liguria in molteplici varianti (non sempre “povere”), bianca (senza il pomodoro), dolce… Quanto al ricettario nazionale, è citata anche dall’Artusi (1891)
Umberto Curti
Ligucibario
Storia e tradizione della torta di riso rossa li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomiaLe più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/
Coniglio alla ligure
Metti un Vinerdì... il coniglio alla ligure
"rivisitato" da Robbiano e Ligucibario
Ricetta (ingredienti e quantità)
Un coniglio (giovane) di peso 1,5 kg, 4-5 cucchiai d’olio extravergine, 1-3 foglie di alloro, timo o persa (maggiorana) q.b., 1 cipolla tritata, mezza costa di sedano tritata, 1-2 spicchi d’aglio, 1 cucchiaio di rosmarino, pinoli, 2 gherigli di noce, brodo di carne (testa e fegato di coniglio), 100 g di olive nere liguri in salamoia, 1-2 bicchieri di Dolceacqua, sale q.b.
Preparazione per 4 persone (tempo 1 ora abbondante circa)
Coniglio alla carlona, stufato, in umido, alla ligure, quanti nomi per una ricetta! Si pulisce e si taglia a grossi pezzi il coniglio tenendo da parte testa e fegato. Lo si lava sotto l’acqua e si sgocciola. In un coccio soffriggere a fuoco tenue in olio la cipolla, l’aglio, il sedano, i pinoli, le noci e gli odori (nel ponente fra gli odori si usa anche lo steccadò, un’erba aromatica simile alla lavanda). Quando dorano unire i pezzi di coniglio, regolando di sale e innaffiando col Dolceacqua, sino a farlo via via evaporare. Intanto in poca acqua con gli immancabili alloro-carota-sedano bollire testa e fegato (e le reni) dell’animale per una trentina di minuti, poi spolpare la testa e tagliare minutamente il fegato (alcuni soffriggono il fegato anziché bollirlo). Unire al coniglio in cottura, sempre a fuoco tenue, e usare il brodo per bagnare via via, affinché i pezzi restino umidi e non s’attacchino. A due terzi della cottura aggiungere anche le olive e terminare l’esecuzione. La polpa dovrà separarsi bene dagli ossi. Il piatto si serve col proprio sugo e “spolverato” di olive, con polenta di contorno. Ottimo come ragù, in Valle Arroscia con aggiunta di nocciole. L’abbinamento enologico migliore implica ovviamente il vino di cottura, qui il Dolceacqua. Se si usasse il Pigato, idem Pigato
Umberto Curti
Ligucibario
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venerdì 1 ottobre 2010
Panissa (con la cipollina)
Le panissette in bignè ideate per i Vinerdì
da Ligucibario
Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)
250-300 g di farina di ceci, ½ cipolla bianca, olio extravergine, 1 l circa d’acqua (l'impasto è leggermente più denso rispetto alla farinata), sale marino e pepe q.b.
Preparazione (tempo 1 ora circa)
In una casseruola antiaderente porre la farina di ceci e versarvi lentamente tutta l’acqua intiepidita, mescolando con una frusta bene e senza pause – come una polentina - , onde sciogliere la farina. Aggiustando di sale, porre su fuoco moderato sempre stemperando, piano piano, circa 40-50 minuti (si può operare anche a bagnomaria). Infine versare il composto, semidenso, in un piatto ampio (unto d’olio), affinché si raffreddi. La ricetta prevede di tagliare la panissa a fiammifero, condirla con un olio non troppo delicato, regolare di sale e pepe e “sovrastarla” con la cipollina tagliuzzata finemente (o con biete stufate). La panissa è un antico piatto quaresimale. E’ simile alle panelle palermitane di cui narra il compianto Vincenzo Buonassisi, ma non va confusa con la paniccia, che è viceversa un risotto con fagioli e cavoli tipico di Vercelli e Novara (paniscia) in Piemonte. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Val Polcevera Bianchetta, o addirittura un IGT Colline Savonesi Lumassina spumante
Umberto Curti
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